Domande più frequenti

Vari estratti da interviste e dichiarazioni che rispondono alle domande più poste di frequente in merito all’organizzazione, dal significato del simbolo all’età anagrafica, dalle questioni nazionali a quelle internazionali.

Che cos’è il SOCIT? Come nasce? Da chi nasce? Siete ufficiali?

Il SOCIT è un’organizzazione politico-culturale che nasce da un gruppo estremamente sparuto di discussione, dal vivo, che oggi è una rarità, di ragazzi di vent’anni disillusi dalle idee politiche professate dalla politica borghese, leggasi parlamentare. Col tempo ha avuto modo di crescere decisamente in consistenza numerica ed ideologica, mantenendo quella radice di studenti e lavoratori giovani delusi dal sistema attuale come perno. Il nostro obiettivo risponde a tre parole che ci fanno da motto: socialismo, patriottismo, rivoluzione. Credere in un sistema che abbia il lavoratore al centro, nella necessità di liberare l’Italia sia dal lucro che ne fa la borghesia sia dall’imperialismo estero, portare un cambiamento sociale radicale e non fine a sé stesso. (Cris Baldelli per Fahrenheit2022)

La nostra documentazione, statuto incluso, è consultabile nell’apposita sezione: Trasparenza legale

Cosa significa il vostro simbolo? Cosa significa il vostro motto?

La scelta dei simboli per rappresentare la nostra idea di socialismo italico non è stata semplice, perché legata indissolubilmente alla necessità di un forte ed immediato impatto visivo, trasformato in un messaggio diretto e senza troppi fronzoli. Chi ci conosce da tempo sa che, ben lontani dall’ufficializzazione e come semplice aggregato, avevamo già adottato l’uso della ruota dentata e spiga di grano del Partito Democratico Popolare dell’Afghanistan, principalmente per il significato di dualità del lavoro (agricolo ed industriale) che incarna, oltre al significato simbolico e storico dei due elementi in labor ed otium, abbiamo poi deciso di mantenere una versione ridisegnata dello stesso, inizialmente assieme ad una riproposizione del Partito Sindicalista spagnolo. Ne avevamo adottato una versione con stella, con doppio richiamo di simbolo patrio e socialista, arrivando poi alla conclusione che fosse meglio senza, per non essere confusi con altre formazioni. Usiamo spesso anche solo la spiga nell’oggettistica. Altro: Il perché dei nostri simboli

Labor omnia vincit si traduce letteralmente in: “La fatica vince ogni cosa”. In senso traslato, con uno sforzo sufficiente si può ottenere qualunque risultato. Un motto che ad oggi pienamente riassume l’essenza della lotta socialista ed allo stesso tempo delle fatiche quotidiane dei lavoratori. E che rappresenta a pieno l’idea alla base di Socialismo Italico. La frase appare, potenzialmente per la prima e più nota volta nella letteratura classica, nelle Georgiche di Virgilio, in forma estesa Labor omnia vicit improbus, “Il lavoro ha trionfato su tutto, con la sua incessante fatica”. Virgilio tocca anche la contrapposizione fra labor e otium, lavoro e ozio, attingendo al Saturnalia.

SOCIT è un nome un po’ curioso e fa pensare tante cose. Siete una realtà di sinistra?

SOCIT è un nome provocatorio e sarcastico, che nasce da un gioco di parole basato su 1984. La propaganda antisocialista vorrebbe vedere sistemi oppressivi in qualsiasi cosa non sia il liberalismo, per puro gusto provocatorio abbiamo scelto per l’appunto l’abbreviazione di Socialismo Italico più simile al regime orwelliano. Sicuramente abbiamo alla base una concezione marxista, basti pensare alla lotta di classe, ma siamo stati sempre fortunatamente abbastanza “eretici” da arrivare alla conclusione di dover aggiornare le fondamenta ideologiche ai tempi che corrono ed alle condizioni attuali (che sarebbe la condizione fondamentale del marxismo, ma non lo andate a dire ai puristi). La definizione “di sinistra” ad oggi ha completamente perso qualsiasi significato, forse in un altro contesto storico ci saremmo definiti tali, oggi ci limitiamo a dirci socialisti. (Cris Baldelli per Fahrenheit2022)

Cosa vi rende ostili all’ “ortodossia” in ambito ideologico?

Per quanto l’analisi marxista sia in molti punti ancora attuale, viene da vedere con una certa diffidenza di chi crede di poter applicare religiosamente scritti nati per essere tutto tranne che religiosi, da qui la necessità di aggiornare ed adattare alle condizioni. Un esempio della stupidità “ortodossa” lo si è visto con le proteste degli agricoltori, tema caldo su cui gran parte del movimento comunista si è schierato contro chi protestava nonostante dall’altra parte ci fosse l’istituzione borghese per eccellenza. Ci sono stati poi dei ravvedimenti, con formazioni che hanno fatto sparire le critiche e le hanno rese elogi, ma ormai il danno era stato fatto. Secondo i detrattori, erano proteste borghesi. Il problema è che gran parte degli agricoltori ad oggi hanno terreni in affitto o sono contoterzisti, cioè proprietari del mezzo ma non del terreno che vengono chiamati a lavorare. Ciò fa intuire quanto certe incrostazioni a livello ideologico finiscano a pesare sulla pratica, noi a quelle manifestazioni c’eravamo e dalla parte giusta. Vedi: Sulle proteste agrarie (da chi ci è stato)

L’altra necessità di rinnovare viene dal contesto politico, da inizio 2023 ad oggi sono nate almeno quattro o cinque formazioni che hanno per perno l’ unità comunista”, dicono le stesse cose e hanno le stesse posizioni. Cosa cambia? Chi ha in mano la dirigenza. Non serve a niente fare unioni posticce sul feticismo del simbolo e dell’etichetta, andiamo alla sostanza. (Adam Bark per ComeDonChisciotte)

Una strana tendenza “squisitamente” socialista è il social-disfattismo: dicesi tutti coloro che pur definendosi socialisti ripudiano qualsiasi stato odierno che abbia mantenuto un sistema socialista, o tracce di esso, abbracciando una retorica stantia basata sulla purezza ideologica distaccata dalla condizione pratico-storica. Praticamente, per i “socialisti più socialisti”, il socialismo è stato sconfitto a livello internazionale. Ogni rivoluzione è fallita o è degenerata, ad oggi la speranza sono circoscritti gruppi più o meno organizzati, più o meno digitalizzati, che esistono come unico baluardo al revisionismo. Più volte ho espresso, anche nelle interviste ricevute, un parere contrario in merito alla questione dell’antirevisionismo come etichetta tout-court, e reputo che l’unica tangibile forma di revisionismo oggi sia la negazione della lotta di classe. Il resto è tutto talmente relativo e soggettivo, specialmente nell’ottica in cui viene posto, da risultare banale. Vedi: “Anti-revisionismo” e social-disfattismo

Cosa vi differenzia da altre realtà dell’area extraparlamentare?

Ultimamente è diventato uso comune per le organizzazioni rifuggire le idee radicali per crogiolarsi in due approcci: il movimentismo tout-court o la metafisica (meglio dire patafisica, la “scienza” delle soluzioni immaginarie) spicciola. Basicamente sembra che fra il fare la comparsata allo sciopero o dilungarsi alla Richard Benson su il valore intrinsecamente simbolico della “canfora, del fico sacro, ecc.”, non ci sia una miriade di approcci e possibilità d’azione. Di per sé sono ambedue approcci reazionari che ricordano molto un aneddoto storico non recente. Daniel De Leon, sindacalista americano, ebbe modo nel secolo scorso di assistere ad un’analogo scontro di idee e forze nel merito a Stoccarda: da una parte i sostenitori dell’azione economicista, molti di essi spontaneisti, che speravano di farsi strada fra le file degli operai tuffandosi a caso agli scioperi, arrivando al punto di coprire o appropriarsi di ciò che i lavoratori stavano facendo in modo spontaneo. Gli altri, i sostenitori della sola azione politica intellettuale, che si rifugiavano nei “muri di testo”, alcuni dal gusto simbolista, decretando che lo scarso interesse suscitato nel proletariato fosse dimostrazione tangibile di una “non abbastanza” maturità per seguirli nell’edificazione del loro nuovo mondo privo di iniquità.

De Leon, che aveva un sarcasmo devastante, li definì pubblicamente “orsi polari ai tropici e scimmie al polo nord”. Fuori posto, terribilmente, ma messi da parte gli ometti che facevano capo alle correnti e che ne generavano gli eccessi per paura dell’oblio, terribilmente complementari. Un’organizzazione, secondo lui, doveva avere entrambe le componenti, cosa che le rivoluzioni dopo di lui dimostrarono a pieno. Quindi: per buona pace di tutti, diversificate al vostro interno. Date la penna allo scrittore e l’asta della bandiera al militante di piazza. Non è difficile. (Giovanni Amicarella per Fahrenheit2022)

Molti si crogiolavano, prima che arrivassimo, nella stasi delle loro realtà politiche decennali. Chi si accontentava di un movimentismo fine a sé stesso, chi si distendeva su relazioni internazionali per vivere di luce riflessa, chi doveva il proprio impegno politico e notorietà ad un “grande vecchio”, da cui recentemente aveva divorziato, ha ricevuto una scarica elettrica quando la nostra realtà, di parvenue per la stragrande maggioranza, li ha inchiodati nelle loro inadeguatezze. Ed ecco che si è data una continuità ed una costanza alla militanza politica, si è smesso di andare a ricercare rapporti politici per feticismo esterofilo, si è dimostrato che una generazione può aprirsi uno spiraglio anche senza essere imboccata dalla precedente. (Giovanni Amicarella per IlTazebao)

Cosa ne pensate esattamente del bipolarismo in politica?

Sia a destra che a sinistra dell’arco costituzionale, a cadenza regolare con più o meno forte intensità, escono elogi al fascismo da una parte e al comunismo storico dall’altra, cercando di strizzare l’occhio a nostalgismi vari, prontamente rimangiati dalle dirigenze ed espulsioni tattiche di chi li ha professati. […] La destra e la sinistra borghese smaniano di tornare ad un bipolarismo elettorale in tutta Europa, lo dimostrano le sempre maggiori spinte al contrapporsi su tutto tranne che sulle questioni effettivamente di classe. Che strano caso che Berlinguer sulla tessera e una video inchiesta del genere (riferito a Gioventù Meloniana) vengano cacciati fuori proprio quando il proletariato si butta sull’astensionismo spinto. Il destino che accomuna tutti i nostalgici è finire nelle grinfie della democrazia borghese, non vi illudete. Lo dimostrano anche le ultime elezioni comunali, dove sedicenti rivoluzionari o reazionari hanno dato una bella mano al candidato “centrista” di turno. (Giovanni Amicarella per IlTazebao)

Come la vedete su UE e NATO?

Da programma, siamo per l’uscita dall’UE e dalla NATO, quello che ci distingue dagli altri con i medesimi obiettivi è il credere nella necessità di edificare strutture analoghe nella sfera mediterranea, di modo che tali uscite (dalla nostra ne seguirebbero altre) non si trasformino in tragici tentativi di ottenere un alito di sovranità nazionale. (Cris Baldelli per Fahrenheit2022)

Per quanto riguarda però la nostra sfera, quella Mediterranea, la situazione è diversa. Il Mediterraneo ha una varietà enorme di contesti socio-culturali diversi e peculiarità economiche che lo rendono distinto dalla tellurocrazia russa. Siamo una civiltà di mare, o talassocratica mediterranea, che si sviluppa in un contesto molto diverso dalle società con terre vastissime. C’è una comunanza tra chi si affaccia sul Mediterraneo, che potrebbe in futuro diventare un’alleanza sovranazionale simile a ciò che sta nascendo in altre parti del mondo. Bisogna recuperare il “Mare Nostrum” come uno spazio di equilibrio. L’Europa, d’altro canto, è secondo me uno dei più grandi costrutti etno-sociali del secolo scorso. Basta pensare che fino a poco fa, la penisola iberica, quella italica, quella ellenica e tutti i Balcani non erano considerati neanche europei. Non vedo perché dovremmo avere comunanze con paesi a cui siamo sempre stati subordinati o che ci hanno sempre percepito come tali. Un’unione Mediterranea funzionerebbe come difesa delle identità, dell’indipendenza e dei centri economici che fanno molta gola alle potenze europee e all’America. (Adam Bark per ComeDonChisciotte) Vedi: Il nostro programma

Lavoro e reddito, due cose che sembrano in miraggio in Italia e vengono utilizzati quasi più come una “marchetta” che come un diritto fondamentale per l’essere umano. Che ne pensate?

Lavoro e reddito sono destinati a rimanere miraggi, finché non saranno posti come perno principale della questione nazionale. Ad oggi la concezione del lavoro, anche da un’ottica di classe, è una mera spremitura del lavoratore, un’alienazione dello stesso dal sociale in favore dell’arricchimento altrui e non per il proprio benessere e quello collettivo. Già a livello costituzionale, che si dica nell’articolo uno “fondata sul lavoro” è una solenne leggerezza, che tradisce una visione morbida in merito. La Repubblica dovrebbe avere al centro i lavoratori, non un astruso concetto di lavoro, e la loro rappresentanza politica non dovrebbe essere delegata a politici “di professione”. (Cris Baldelli per Fahrenheit2022)

Ha ancora senso parlare di Costituzione? Se la risposta è “si” pensate ancora che sia “la più bella del mondo”?

Se dovessi credere alla sacralità della carta, dovrei credere anche all’oroscopo. La costituzione è un malloppo di carta, nato dal tradimento di diverse idee per cui si è sparso sangue per volontà di pacificazione tra le parti. Non poteva che venirne fuori un documento vago, dal precedente citato articolo uno, alla negazione della guerra come strumento di risoluzione (che però viene fatto comunque), dalla partecipazione del lavoratore nella produzione (mai chiarito in che forma). Non è la più bella del mondo, è forse la meno peggio. Chi feticizza la carta o la venera, è da compatire per come la penso io. Una costituzione del genere è incapace di sopperire alle necessità odierne del paese, della sua classe lavoratrice e dei suoi interessi nazionali, non manca mai di dimostrarlo. (Cris Baldelli per Fahrenheit2022)

Che cos’è il popolo? È una massa o un qualcosa di vivo?

Un popolo è un’insieme di identità etno-culturali, che si va a formare nel corso di lunghissimi periodi storici, qualcosa di estremamente vivo. Anche qui spesso ci si trova davanti al parodistico: c’è chi nega che ci siano popoli ed identità, addirittura bollando come “borghesi” le istanze di autodeterminazione e liberazione nazionale, e chi pensa solo al popolo in generale quasi come se al suo interno non vi fossero stratificazioni in classi. Il meglio del popolo è sempre nella sua classe lavoratrice, incontaminata per la maggior parte dalle derive esterofile e detentrice della capacità che serve per rivoluzionare il paese. Deve solo prendere coscienza di sé, della propria condizione di classe. (Cris Baldelli per Fahrenheit2022)

Uso “socialismo italico” e non “italiano” per racchiudere la questione dell’identità all’interno della nazione. L’Italia non è un unicum: ha rappresentato per diversi periodi storici un qualcosa di innalzante e non un qualcosa di limitante. Ci sono però stati casi in cui si è cercato di sopprimere queste differenze, spinta tipicamente  sabauda. Le nostre differenze etno-culturali interne vanno esaltate e preservate, non devono diventare motivo di divisione, ma ulteriore motivo di orgoglio. (Adam Bark per ComeDonChisciotte)

Definiamo il nemico: contro chi e/o cosa stiamo lottando?

Il nemico è il capitalismo, che se vogliamo può essere tranquillamente visto come un insieme di punti di contatto: ad oggi sicuramente quelli più visibili sono il capitale finanziario, l’usura e il sionismo, che esercitano una pressione sui ceti popolari sempre più tangibile. Ad esse si legano quegli ambienti politici con una visione del mondo completamente avversa alla coesistenza fra nazioni, al benessere del lavoratore e alla possibilità che ogni paese trovi la propria sintesi politica tenendo di conto delle proprie peculiarità, che in altro periodo storico si sarebbero definiti “reazionari”. Il nostro nemico insomma è uno, ma ha molte facce, e sottovalutare la portata anche solo di una ci porta ad essere incapaci di combatterlo. (Adam Bark per ComeDonChisciotte)

Ha senso riprendere vecchi modelli ideologici? O abbiamo bisogno di una nuova teoria politica?

In realtà, analizzando storicamente lo sviluppo delle concezioni politiche che raggruppiamo nel termine ideologie, non si ha mai un’ideologia ex novo, ma sempre uno sviluppo che a tratti riprende anche il concetto di sintesi hegeliana fra elementi critici e filosofici precedenti, così è stato per tutte le correnti di socialismo che valga la pena analizzare ad oggi. Serve insomma una nuova idea che abbia radici ben piantate e si può dire che sia così che nasce la concezione di “socialismo italico”. Seppur non sia nuovo il voler affrontare la questione nazionale di pari passo con quella di classe, basti vedere le analisi dei paesi con cui siamo in contatto come Vietnam, Corea popolare, Venezuela e Cuba, è del tutto nuovo per il contesto occidentale l’approccio che noi ed altri ne stiamo avendo, ed è uno sviluppo ideologico che lentamente si vede emergere in più parti dell’Occidente. La lettura assolutamente comune è delineare il sistema etno-culturale, valorizzarlo e prenderlo a riferimento come substrato su cui costruire il socialismo. (Adam Bark per ComeDonChisciotte)

O i vari propositori di “ideologie post-ideologiche”, che per paura di schierarsi restano ambigui su certe etichette, a cui abbiamo risposto con uno sprezzante socialismo italico. (Giovanni Amicarella per IlTazebao)

Perché parlate di patriottismo?

Il contesto italiano non è del tutto coloniale, è più propriamente un contesto sotto imperialista, o imperialismo sottone se vogliamo essere sarcastici. Ci rendiamo partecipi, seppur con maggioranza popolare contraria, ai vari scenari di guerra e forniamo supporto attivo nel sostegno diplomatico a chi li porta avanti. Una condizione di limbo per cui non siamo imperialisti di prima classe ma neanche un paese propriamente occupato colonialmente, seppur trattato alla stregua di tale. Si tratta di un’importante distinzione da fare per evitare di cadere in retoriche che potrebbero rischiare di abbagliarci. (Adam Bark per ComeDonChisciotte)

Sia chiaro: ciò non vuol dire, come in esempi tragicomici già visti o in via di decadenza, scimmiottare il patriottismo con istanze scioviniste o usarlo come scusa per annacquare la questione di classe. Allo stesso modo è inaccettabile l’antipatriottismo, distante dalla classe lavoratrice e stantio nella retorica. (Adam Bark per ComeDonChisciotte)

Come andrebbero riorganizzate l’economia e la politica tenendo conto di classe e patria?

Lo dico con estrema schiettezza: bisogna arrivare alla condizione del superamento dei partiti e a una rappresentanza diretta dei lavoratori per aggirare quelle che sarebbero altrimenti ennesime istanze di burocratizzazione del potere politico. Mi rifaccio al sindacalismo rivoluzionario per questo, una concezione in cui il lavoratore è un rappresentante in sé stesso, e da qui bisogna riprendere anche la concezione nazionale di una partecipazione collettiva. Potrebbe essere un modello federativo, ma non analogamente ad esempi già visti; qualcosa di più organico, un “centralismo decentralizzato” se si vuole fare i sofisti. Sono modelli di cui l’espressione esatta va ancora sviluppata, ma la cui riorganizzazione sociale è già delineabile da analisi già realizzate nel merito. (Adam Bark per ComeDonChisciotte)

Risposte immediate [sul lato economico] non ci sono, e chi si professa con risposte pronte in tasca tende a tralasciare il cambiamento delle condizioni in atto. L’obiettivo principale e concreto è la creazione di un sistema sociale socialista nella sua essenza, che metta al centro il lavoro e il lavoratore. L’organo principale decisionale deve essere un’unione di lavoratori; pertanto, l’organizzazione sociale della patria segue quella dell’economia e viceversa. Ci si ritrova in un sistema dove non c’è necessità di partitocrazie, bensì una serie di organi formati da lavoratori che prendono decisioni reali, non come nelle democrazie borghesi. Lo stato viene riorganizzato, e l’economia e la politica girano intorno a chi effettivamente lavora. Nell’attuale sistema, il politico è un burocrate; ma in un contesto socialista, è un componente organica della società che assume il proprio ruolo grazie alle sue competenze, se vogliamo usare un termine ad oggi molto storpiato, per pura meritocrazia. (Adam Bark per ComeDonChisciotte)

Quali sono le figure d’ispirazione storiche su cui dovrebbe fondarsi la “via italica al socialismo”?

La Carta del Carnaro applicata a Fiume dal sindacalista Alceste de Ambris fu un’esperienza molto avanzata per l’epoca, sia per le libertà civili e sociali garantite in un contesto storico dove ancora si sparava sulle folle che scioperavano, sia per il modello di societa’ che si voleva portare avanti. Un altro spunto è il sindacalismo rivoluzionario di Sorel, che parlava dello sciopero come un mezzo e non un fine in sé  stesso, a differenza della concezione  sindacale moderna.  Accanto a Sorel aggiungerei anche la figura di Filippo Corridoni, molto vessata a causa della sua amicizia con Mussolini seppur prima della sua svolta fascista. Scrisse il testo “Sindacalismo e Repubblica”, dove sottolinea che bisognasse cambiare la società senza necessariamente scadere nell’ottica anti-patriottica, ma anzi ponendola al centro della questione politica. Tra gli illustri anche il nome, poco noto nel contesto europeo, di De Leon, che riuscì a unire la prassi leninista a quella sindacalista. Secondo De Leon, bisognava avere un partito sindacalista accanto ai sindacati, una doppia lotta: avere un partito che rappresentasse i bisogni di classe e un sindacato che rivendicasse quei bisogni con l’azione diretta. (Adam Bark per ComeDonChisciotte)

Il mondo multipolare e il BRICS: è un’opportunità o semplicemente un riordino del modello capitalistico? O magari un po’ di entrambe?

All’interno del BRICS ci sono opportunità e criticità. Gli stati membri, talvolta per nulla socialisti, sono potenze che cercano di staccarsi dal sistema occidentale, chiaramente assumendo un ruolo di decolonizzazione e di conseguenza progressista. Non sono però né una “manna dal cielo” né l’internazionale proletaria. Si sta anche creando un nuovo ordine sociale e geopolitico, non sempre strettamente all’interno del BRICS: ci sono delle sfere di paesi in Africa, nel sud-est asiatico e in Sud America che stanno facendo accordi sempre più stretti tra di loro. Deve essere chiaro che i BRICS sono solamente un passaggio; sono i paesi che si uniscono su basi sovranazionali il futuro scacchiere politico su cui si decideranno i successivi sviluppi internazionali. (Adam Bark per ComeDonChisciotte)

Credete nell’internazionalismo?

Le nostre collaborazioni con organizzazioni e partiti esteri, sotto forma di comunicati o di conferenze, di contatti diretti e di collaborazioni nazionali, attestano fermamente che se in una manciata di pochi anni (dal 2021) un’organizzazione socialista e patriottica come la nostra può tessere contatti a livello internazionale, al contrario di quanto sostenuto dalla propaganda borghese, un’Italia socialista sarebbe tutto tranne che isolata, avendo anzi solo da beneficiare da una sua completa sovranità. Il nostro unico internazionalismo è quello fra patrie, il resto è mero cosmopolitismo da salotto. Vedi: Rapporti internazionali

Che messaggio lancereste per l’auspicabile risveglio dal disfattismo?

Ci tengo a precisare una questione legata al termine nichilismo, perché è vitale per la risposta. Esiste il nichilismo passivo, quello di accettare con passività, e il nichilismo attivo, che è la volontà di potenza nietzschiana. La situazione oggi è critica: c’è un collasso economico in arrivo, una terza guerra mondiale, pare, alle porte e tanti giovani lo hanno capito. Il problema sta nel rifugiarsi in espressioni ideologiche che hanno fallito nel passato, quando ciò che bisognerebbe fare è unirsi dietro a un’idea comune che sia innovativa senza perdersi in sofismi e miraggi. Affinché questa concettualizzazione nasca e si sviluppi del tutto, serve una minoranza formata, ovvero un’avanguardia. Ciò non vuol dire perdersi in vani teorismi e pubblicazioni cartacee autoreferenziali; è essenziale che il militante vada in piazza. Coltiviamo le idee che abbiamo senza chiuderci in noi stessi, ma teniamo conto che finché non sorgeranno le effettive condizioni che svegliano il popolo, è difficile che avvengano le rivoluzioni. Sta a noi porne le basi, o subirne le conseguenze. (Adam Bark per ComeDonChisciotte)

La nostra generazione, come tutte le generazioni arrivate con un’età di venti o trent’anni sull’orlo del precipizio, ha in mano le sorti del paese. Ed è una verità incontrovertibile, di cui sono perfettamente a conoscenza tra le file delle classi dirigenti. Mentirei se dicessi che noto disinteresse verso il nostro progetto politico, in questi quasi tre anni abbiamo mantenuto un’età media molto bassa, quasi quella di una giovanile, nonostante la crescita decisa. Penso che per alcuni, vedendo progetti fallimentari di giovanili altrui, sia la scusa perfetta: non attiriamo giovani perché i giovani sono disinteressati. Per quelli della nostra generazione che ancora sono titubanti, col tempo arriverà la condizione di svegliarsi dal torpore senza dubbio. (Cris Baldelli per Fahrenheit2022)

Cos’è Artverkaro?

Artverkaro è il collettivo editoriale ed artistico del SocIt – Socialismo Italico, nasce come mezzo di diffusione e pubblicazione di volumi sia in cartaceo che in digitale. Artverkaro Edizioni offre anche la possibilità a scrittori, già affermati o emergenti, di poter autopubblicare i propri volumi senza le esorbitanti limitazioni che spesso offre il mondo dell’editoria, supportando al tempo stesso la piccola e media distribuzione (senza offrire in tal senso prestazione professionale). Tenendoci ovviamente lontani dalle multinazionali che operano nel settore per chiara scelta politica. Qui sono disponibili le informazioni sulle nostre pubblicazioni, con registrazione e resoconti delle presentazioni. Il resto delle attività artistiche sono disponibili all’omonima categoria Artverkaro. Vedi: Le nostre pubblicazioni

Siete una realtà solo per giovani?

A torto, ad esempio, qualcuno si ostina a considerarci “generazionali”: abbiamo gente di tutte le età, quello che mal sopportiamo è la boria di chi ha passato decenni sulle stesse posizioni e ha avuto decenni di occasioni mancate, e adesso si sente defraudato semplicemente per la nostra esistenza. (Giovanni Amicarella per IlTazebao)

Dove posso leggere notizie sulle vostre attività?

All’apposita sezione del sito Dicono di noi, vi sono vari estratti ed alcuni video sia di stampa nazionale che internazionale sulle nostre attività, interviste e approfondimenti (incluse le critiche).