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In merito alle realtà

Ultimamente è diventato uso comune per le organizzazioni rifuggire le idee radicali per crogiolarsi in due approcci: il movimentismo tout-court o la metafisica (meglio dire patafisica, la “scienza” delle soluzioni immaginarie) spicciola. Basicamente sembra che fra il fare la comparsata allo sciopero o dilungarsi alla Richard Benson su il valore intrinsecamente simbolico della “canfora, del fico sacro, ecc.”, non ci sia una miriade di approcci e possibilità d’azione. Di per sé sono ambedue approcci reazionari che ricordano molto un aneddoto storico non recente. Daniel De Leon, sindacalista americano, ebbe modo nel secolo scorso di assistere ad un’analogo scontro di idee e forze nel merito a Stoccarda: da una parte i sostenitori dell’azione economicista, molti di essi spontaneisti, che speravano di farsi strada fra le file degli operai tuffandosi a caso agli scioperi, arrivando al punto di coprire o appropriarsi di ciò che i lavoratori stavano facendo in modo spontaneo. Gli altri, i sostenitori della sola azione politica intellettuale, che si rifugiavano nei “muri di testo”, alcuni dal gusto simbolista, decretando che lo scarso interesse suscitato nel proletariato fosse dimostrazione tangibile di una “non abbastanza” maturità per seguirli nell’edificazione del loro nuovo mondo privo di iniquità.

De Leon, che aveva un sarcasmo devastante, li definì pubblicamente “orsi polari ai tropici e scimmie al polo nord”. Fuori posto, terribilmente, ma messi da parte gli ometti che facevano capo alle correnti e che ne generavano gli eccessi per paura dell’oblio, terribilmente complementari. Un’organizzazione, secondo lui, doveva avere entrambe le componenti, cosa che le rivoluzioni dopo di lui dimostrarono a pieno. Quindi: per buona pace di tutti, diversificate al vostro interno. Date la penna allo scrittore e l’asta della bandiera al militante di piazza. Non è difficile. Scritto del segretario Giovanni Amicarella per Fahrenheit2022

Molti si crogiolavano, prima che arrivassimo, nella stasi delle loro realtà politiche decennali. Chi si accontentava di un movimentismo fine a sé stesso, chi si distendeva su relazioni internazionali per vivere di luce riflessa, chi doveva il proprio impegno politico e notorietà ad un “grande vecchio”, da cui recentemente aveva divorziato, ha ricevuto una scarica elettrica quando la nostra realtà, di parvenue per la stragrande maggioranza, li ha inchiodati nelle loro inadeguatezze. Ed ecco che si è data una continuità ed una costanza alla militanza politica, si è smesso di andare a ricercare rapporti politici per feticismo esterofilo, si è dimostrato che una generazione può aprirsi uno spiraglio anche senza essere imboccata dalla precedente. Scritto del segretario Giovanni Amicarella per IlTazebao

In merito ai singoli

Il problema principale dei soggetti in questione è la concezione contro-organizzativa, l’idea di organizzare attivamente qualcosa di plurale gli crea reazioni allergiche, dando perciò il via a varie prassi limitate nel tentativo di fare quadrare il cerchio. Tuttavia, detto fra noi, se il problema si stringesse attorno al singolo avventuriero solitario, il cowboy di Sergio Leone della politica, potremmo anche chiudere lo scritto qui. Il problema è l’impatto che esercita questo modo di agire sulla massa, che si sente perciò autorizzata a frammentarsi a sua volta in una serie pressoché infinita di personalità, a danno del movimento di classe nel suo insieme. È una cosa cristallina che senza organizzazione, intesa nel senso pratico e giuridico del termine, come unione di persone sotto ad un’idea e un simbolo, non si possa concretizzare assolutamente nulla. Quindi qualsiasi persona secondo questa concezione può guidare la lotta politica, non sapendo in che direzione andare (un po’ come il nostro Riccardo di York), o giochi a fare la casata medievale col simbolino che a stento copre fratelli e cugini, o vecchi compagni di scuola.

Il poco poco affetto, la punta di cui parlavo all’inizio, è più una domanda spontanea che mi viene da fare: ma non lo vedete che non vi ascolta realmente nessuno? Certo, comprano i vostri libri, guardano i vostri video, mettono mi piace ai vostri post, ma nessuno di loro è disposto a seguirvi e ve lo dimostrano con la noncuranza con cui puntualmente disertano quello che fate (o cercate di fare) nel concreto finendo sempre ad essere da soli, quando vi passano davanti come se foste trasparenti e ci rimanete male, per poi scrivere che avevate davanti centinaia di persone senza mezza foto a dimostrarlo, giusto per avere quel motto di spirito che vi fa sentire leggermente più vivi. Per carità, potete anche rifuggere la “tirannia delle plebi”, ma se nessuno vi segue (dico, fisicamente, non sui social) a che serve quello che fate? Non siete eroi romantici, non siete cavalieri erranti da una parte e non siete bolscevichi nati nel periodo sbagliati dall’altra, tutti abbiamo bisogno di compagni con cui combattere le nostre lotte, e se non ne trovate che non siano su gruppi virtuali o affini bevitori di birra è perché vi mancano o capacità o idee chiare, spesso entrambe. Non ho mai sentito persone nei contenuti più incerte delle proprie idee di chi si atteggia a fanatico difensore e studioso delle proprie. Commento del segretario Giovanni Amicarella per IlTazebao