guerra alla repressione

Di Lorenzo Maffetti e Sov

Riallacciandoci per titolo e grafica ad un precedente comunicato dell’organizzazione in merito alla repressione istituzionale per alcuni fatti che si sono verificati a Trieste, esprimiamo un punto sull’odierna questione del DDL 1660, attingendo anche alla nostra esperienza diretta nelle manifestazioni che verranno colpite maggiormente dal provvedimento.

La calda stagione

Il governo Meloni ha già inaugurato la stagione autunnale in controtendenza rispetto alle temperature: DDL 1660 e divieto della manifestazione pro-Palestina che si terrà, nonostante tutto, il 5 ottobre, per commemorare il primo anniversario del 7 ottobre, dopo il quale gli israeliani hanno continuano a mettere a ferro e fuoco la Palestina.
Come ben si sa, in Italia abbiamo un altro governo fantoccio, figlio di compromessi e leccate varie, ora sottese ora palesi, all’Europa e alla sua linea ideologica pro-sionista, e come volevasi dimostrare, in caso di contrasti fra governo e cittadini, la nostra classe dominante deve giungere al riparo, quasi come fosse una questione di vita e di morte, per apparire come un governo forte e sicuro di sé. E forse deve anche dimostrarlo all’Europa, da cui l’Italia si fa piacevolmente schiacciare. Ma nonostante ciò, non voglio asserire che il governo lo faccia per un qualsiasi tipo di rivalsa “personale” – anche perché altrimenti avrebbe agito inaspettatamente facendo qualcosa che avrebbe fatto storcere il naso al gabinetto europeo, come per dimostrare di dover essere rispettati -, bensì è solo la loro prassi, o meglio, un tentativo di chiudere la morsa e stringere il cerchio, delimitando la zona entro cui il rispettabile cittadino italiano filo-governativo – opportunista fino al midollo – deve muoversi, e guai ad uscirne!

Ma per fortuna ci sono ancora dei lottatori, coloro che – quantomeno – non hanno ancora sviluppato terrore nei confronti del sostantivo “Rivoluzione” e del suo campo semantico; almeno, questo è ciò che voglio sperare, ma a ben vedere la speranza è fondata. Quella palestinese è una lotta di tutti, e il fatto che ci si stia mobilitando – forse al dì là delle fazioni di appartenenza – è sia un punto di arrivo che un nuovo punto di partenza: un traguardo perché la “questione palestinese” non è passata inosservata, a dispetto della disinformazione, e punto di partenza per costruire una solida roccaforte non solo in difesa della Palestina, ma anche con la funzione di difendersi dal governo e, contemporaneamente, infliggergli danni facendo crollare il suo castello di carte che si regge solo perché difeso, a sua volta, e foraggiato da chi ha strumenti per ora molto più potenti di quelli posseduti dai cittadini; ma per arrivare alla verità non è necessario sedere in Campidoglio ed essere un burattino del governo.
E allora alla paura del governo che una manifestazione pro-Palestina si possa trasformare nella celebrazione di un eccidio, opponiamo il fatto di non essere come i loro amici sionisti che l’eccidio lo celebrano dal giorno zero.
Il SocIT c’è, come c’è sempre stato.

Né libertà né sicurezza

Seguendo gli ordini del ReichZion Netanyahu, il governo italiano si appresta a violare la Costituzione e i diritti fondamentali dei cittadini, continuando la ormai infinita criminalizzazione del dissenso, anche nelle sue forme più pacifiche e meno inclini al confronto. Il governo crede che, silenziando il dissenso, potrà soddisfare la volontà dei sionisti e degli americani senza ostacoli. In questo, potrebbe però ricevere la più sgradita delle sorprese. Equiparare i metodi non violenti a quelli violenti non conduce al silenzio di chi è disposto a usare mezzi pacifici, ma anzi legittima i metodi violenti. Se il risultato è sempre lo schedamento, la galera e la repressione, si elimina uno dei principali deterrenti alla violenza: la paura delle conseguenze. Più la punizione è simile, minore sarà l’indugio a scegliere la soluzione più estrema. Il governo non sta creando una situazione di calma, ma sta ponendo le basi per un autunno caldo e un inverno di lotte.

È impossibile pensare che la nostra amministrazione coloniale non sappia cosa stia facendo; è un’equazione talmente ovvia che persino i pupazzi incompetenti di Washington devono aver compreso le conseguenze delle loro azioni. Questo lascia aperta una sola opzione: l’amministrazione coloniale del nostro Paese desidera un’escalation, per poter aumentare ulteriormente le restrizioni e il proprio potere. Il governo vuole una reazione significativa e una grande escalation, così da giustificare misure ancora meno democratiche e trasformare l’Italia da governo fantoccio a zona di occupazione, cercando di sradicare il dissenso in Occidente. L’Italia è quindi il terreno di prova per il destino del mondo occidentale. Ciò che accade qui è destinato a ripetersi ovunque si estendano i tentacoli americani. Il mondo guarda, chiedendosi se gli eredi di Roma saranno all’altezza del loro destino o se si piegheranno, aprendo la strada alla repressione definitiva di tutti i popoli occidentali

Ora la domanda potrebbe sembrare ovvia: cosa possiamo fare? Se l’assenza di resistenza è un segnale di via libera e se la resistenza è una scusa per la repressione, cosa possiamo fare? Rispondere con una resistenza maggiore di quanto possano aspettarsi, mandando un chiaro segnale che i loro tentativi di repressione saranno respinti con una forza superiore a quanto possano mai immaginare, e soprattutto saranno respinti ovunque e senza tregua. La resistenza a queste politiche repressive contro il popolo italiano è un obbligo morale. Non c’è alcun salvatore se non noi stessi; anzi, tocca a noi l’arduo compito di salvare anche altri insieme a noi. Se riusciremo a dimostrare l’inconquistabile spirito degli italiani e la loro incrollabile volontà di respingere l’occupazione americana, diventeremo un faro per i popoli europei che sognano la libertà. Saremo l’epicentro di una nuova primavera dei popoli, che scaccerà via l’oppressione e vedrà il ritorno della libertà nazionale.

L’ultima battaglia per la salvezza dell’Europa è alle porte: la bestia americana si dimena e si trascina, cercando disperatamente di trascinare l’intero Occidente nell’abisso, mentre i popoli si rifiutano di essere trascinati e combattono senza sosta per difendere se stessi e la pace internazionale, come dimostrato dalle proteste anti-israeliane e anti-imperialiste che hanno scosso l’Occidente. Queste élite senza terra e senza popolo sognano di ridurre in schiavitù i popoli liberi, ma i popoli sono legati alla loro terra, alle loro nazioni, e non possono seguire queste élite apolidi. Queste élite vengono rigettate e ne sono consapevoli, e proprio per questo sognano l’oppressione: perché sanno di non poter ottenere l’accettazione.

Alcuni resoconti, comunicati e commenti che ci hanno visti partecipi