Di Lorenzo Maffetti
Di recente Giorgia Meloni ha visitato l’Etiopia, incontrandosi con il Premier etiope e il presidente della Somalia in vista del “Piano Mattei”, al centro della sua agenda, che prevede, tra tutto, accordi bi/trilaterali (tra Italia, Etiopia e Somalia), gestione comune dell’immigrazione, missioni imprenditoriali e riappropriazione dell’italico “posto d’onore” nel Corno d’Africa. E tanta retorica.
Ha ribadito da subito che «l’Etiopia è un paese con il quale l’Italia vanta storiche relazioni che io intendo rafforzare ulteriormente». La natura delle “storiche relazioni” è volutamente tralasciata, perché -forse- sarebbe troppo empio ricordare che questa sia costituita da guerre imperialiste di aggressione e di contesa del territorio somalo-etiope con altre potenze imperialiste; e soprattutto, di eccidi a danno della popolazione indigena.
L’ “italico onore” (per che cosa?) è obnubilante, e per schiarire la vista, sarebbe d’uopo rammentare che abbiamo ben poco da vantare quanto a relazioni con i paesi africani, a partire dall’epoca romana -che tutti decantano, come l’epopea dell’italica dignità e potenza-, perché fummo degli aggressori e degli assassini, come i “fratelli” europei. Se la colpa per la depredazione dell’Africa non è solo nostra, ma soprattutto di francesi, inglesi e americani, diventa comodo fare la morale agli altri paesi, per poi tralasciare che noi fummo come loro, a suo tempo.
La Premier ha poi ribadito la necessità di gestire l’immigrazione illegale dall’Etiopia. “Tutto ok”, direbbero i più sobri. Se non fosse che il salviniano «aiutiamoli a casa loro», fatto proprio dalla Premier, nasconde l’orrore della guerra civile che c’è stata in questi paesi e le implicazioni delle rispettive borghesie nazionali che hanno prodotto, oltre alla guerra e alla fame, la conseguente immigrazione irregolare. Ma quando si tratta di tessere accordi economici per riappropriarci del “posto nostro”, tutto ciò passa in sordina e, come sempre, a rimetterci è la povera gente.
Doppiopesismo velato, che a sua volta nasconde l’intento di inserirci nuovamente nel circolo di depredazione delle ricchezze africane.