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Di Giampiero Braida


Il Cercle Proudhon fu fondato alla fine del 1911 come amalgama di diverse ideologie apparentemente
contraddittorie: il sindacalismo rivoluzionario ispirato a Georges Sorel, un socialismo mutuato
dall’anarchismo di PJ Proudhon, e il nazionalismo monarchico di Charles Maurras, che fu tra i suoi
fondatori. Ha pubblicato una rivista, i “Cahiers du Cercle Proudhon” del 1912-1914, il cui obiettivo era,
secondo uno dei suoi fondatori, Georges Valois, quello di fornire un “quadro comune per i nazionalisti e
gli antidemocratici della cosiddetta sinistra”. Un altro membro importante, Edouard Berth scrisse (sotto
lo pseudonimo di J. Darville) che le “doppie rivolte” del sindacalismo e del nazionalismo avrebbero
portato alla “completa cacciata dal regime dell’oro e al trionfo dei valori eroici su quell’ignobile
materialismo borghese sotto cui soffoca l’Europa di oggi”. Contrari alla Terza (o qualsiasi) Repubblica e
alla “plutocrazia” (spesso definita “ebraica”) e ferocemente anti-intellettuali, i suoi membri (intellettuali
tutti) non solo provenivano originariamente da destra e da sinistra, ma incontrarono negli anni
successivi destini diametralmente opposti. Per tutta la vita Valois oscillerà tra l’estrema destra e
l’estrema sinistra e morirà in un campo di concentramento nazista; Berth, un amico di Sorel, sarebbe
diventato uno schietto sostenitore dei bolscevichi e della Rivoluzione d’Ottobre; Charles Maurras
collaborerà con i nazisti e, dichiarato colpevole di alto tradimento dopo la Liberazione, trascorse la
maggior parte degli anni fino alla sua morte nel 1952 in prigione.


Dichiarazione dei Cahiers du Cercle Proudhon
Fonte: Cahiers du Cercle Proudhon, Primo numero, gennaio-febbraio 1912


I francesi che si sono riuniti per fondare il Cercle Proudhon sono tutti nazionalisti. Il mecenate che
hanno scelto per la loro assemblea gli ha fatto incontrare altri francesi che non sono nazionalisti, che
non sono monarchici, e che si uniscono a loro per partecipare alla vita del Circolo e alla redazione dei
“Cahiers”. Il gruppo iniziale, naturalmente, è composto da uomini di origini diverse, di condizioni
diverse, che non hanno aspirazioni politiche comuni, e che esporranno liberamente le loro opinioni nei
“Cahiers”. Ma i repubblicani federalisti, i nazionalisti integrali e i sindacalisti rivoluzionari, avendo risolto
il problema politico o allontanatolo dai loro pensieri, sono tutti ugualmente interessati
all’organizzazione della città francese secondo i principi tratti dalla tradizione francese che trovano
nell’opera proudhoniana e nei movimenti sindacalisti contemporanei la loro origine.
La democrazia è l’errore più grave del secolo scorso. Se vogliamo vivere, se vogliamo lavorare, se nella
vita pubblica vogliamo possedere le più alte garanzie umane per la produzione e la cultura; se vogliamo
preservare e accrescere il capitale morale, intellettuale e materiale della civiltà, è assolutamente
necessario distruggere le istituzioni democratiche.
La democrazia ideale è il più stupido dei sogni. La democrazia storica, realizzata nei colori con cui la
conosce il mondo moderno, è una malattia mortale per le nazioni, per le società umane, per le famiglie,
per gli individui. Portato tra noi per stabilire la regola della virtù, tollera e incoraggia ogni forma di
licenza. Teoricamente è un regime di libertà; in pratica odia le libertà concrete, vere e ci ha ceduto a
grandi compagnie di ladri e a politici legati ai finanzieri o da questi dominati, che vivono dello
sfruttamento dei produttori.
Infine, la democrazia ha permesso, nell’economia e nella politica, l’instaurarsi del regime capitalista, che
distrugge nella polis ciò che le idee democratiche dissolvono nello spirito, cioè le nazioni, la famiglia e la
morale, sostituendo le leggi del sangue per la legge dell’oro.
La democrazia vive d’oro e della perversione dell’intelligenza. Morirà per mano del risveglio dello spirito
e delle istituzioni che i francesi creano o ricreano per la difesa delle loro libertà e dei loro interessi
spirituali e materiali. È per favorire questa duplice impresa che lavoreremo nel Cercle
Proudhon. Lotteremo senza pietà contro la falsa scienza che serviva a giustificare le idee democratiche e
contro i sistemi economici che i loro inventori hanno destinato a stupire le classi lavoratrici, e
sosterremo con passione i movimenti che restituiscono ai francesi le loro libertà, nelle forme adeguate
al mondo moderno, e che permettono loro di vivere lavorando con la stessa soddisfazione e lo stesso
senso dell’onore di quando muoiono in combattimento.
I fondatori del Cercle Proudhon e i redattori dei Cahiers:
Jean Darville, Henri Lagrange, Gilbert Maire, René de Marans, André Pascalaon, Marius Riquier, Georges
Valois, Albert Vincent
Sorel e l’architettura sociale


Discorso: di Georges Valois
Fonte: Cahiers du Cercle Proudhon, 3° e 4° Cahiers, maggio-agosto 1912


Gentiluomini:
Abbiamo avuto l’onore qualche mese fa di raccontarvi le ragioni che hanno portato alla fondazione del
nostro Circolo e le ragioni che ci hanno spinto a porlo sotto il patrocinio di Pierre-Joseph
Proudhon. Henri Lagrange ve lo ricorderà tra poco, aggiungendo le idee e i sentimenti che abbiamo
incorporato nella nostra impresa nel corso di un anno di lavoro. Mi limiterò a segnalare il nostro
orientamento generale, che è quello di un’organizzazione posta al servizio di una determinazione
irriducibile a servire, insieme alle nostre cause, la patria francese. E il senso della nostra idea è questo:
distruggere il principio che ha fondato l’economia moderna, che ha imposto alle nazioni il regime
capitalista e ha subordinato tutti i valori umani al valore dell’oro.
Non dirò altro sulle nostre fatiche. Il mio compito oggi, che mi è stato assegnato dai miei amici, è di
chiedervi di compiere insieme a noi un atto di elementare giustizia, riconoscendo e salutando coloro la
cui opera ha reso possibile la nostra; coloro le cui idee hanno presieduto alla formazione delle nostre e
hanno preparato l’incontro di due tradizioni francesi che si sono opposte durante l’Ottocento e che oggi
si trovano rappresentate, unite, tra noi. All’inizio delle nostre fatiche abbiamo salutato la memoria del
grande Proudhon. Oggi vi invitiamo a rendere omaggio al maestro il cui nome è così spesso pronunciato
tra noi: capite tutti che sto parlando del grande filosofo Georges Sorel.
Signori, Sorel ha rifiutato di avere discepoli. È possibile che avesse ragione in questo. Non ha costruito
un sistema dell’universo; non ha nemmeno costruito un sistema sociale. Non si può nemmeno dire che
imponga a chi lo segue né metodi né dottrine. I suoi ammiratori sono dispersi. Alcuni sono cattolici, altri
sono fuori dalla chiesa. Altri, e ce ne sono molti, si sono uniti a Charles Maurras in Action Française. Ma
la sua influenza, sebbene non dogmatica, è tuttavia estremamente profonda e ampia. E se non trova
discepoli, i suoi affezionati lo considerano un vero maestro.
Questo grande maestro senza discepoli è ascoltato da una massa numerosa e ardente. Per questa
massa è un prodigioso eccitatore intellettuale che rivela ad ogni spirito che lo ascolta la propria
direzione. Credo che questo sia uno dei principali segreti della maestria di Sorel: ha risvegliato la nostra
intelligenza, l’ha sovraeccitata, le ha dato, non dico indicazioni, ma nuovi metodi per capire il mondo,
per penetrarne gli angoli più oscuri, per connettere fenomeni che appaiono separati, per arricchirsi e
superarsi ad ogni scoperta. Chi ha seguito Sorel ha conosciuto forti emozioni: sono uomini nati al
seguito di fortunati esploratori. In questo mi appello alla testimonianza degli uomini della mia
generazione che, dopo essere passati per il freddo deserto di rue Saint-Guillaume o per le paludi di rue
Tournin quando l’ebreo Dyck May fondò il Free College of Social Sciences, ebbero la fortuna di
incontrare il Maestro di Boulogne e si dedicarono alla sua opera. Ad ogni passo fatto al suo fianco
facevano nuove scoperte. Quale luce proiettava l’opera di Sorel sul “mondo oscuro dell’economia”, dove
assurdi calcolatori, addestrati da M. Anatole Leroy-Beaulieu a conoscere la prosperità delle nazioni
secondo le regole dell’aritmetica, potevano solo mostrarci cupi numeri su tabelle o grafici. Che vita vi
faceva apparire Sorel! Che paesaggi! Quali spettacoli potenti organizzati dalla più forte delle passioni! È
in questo mondo, dove gli economisti vedono solo freddi meccanismi estranei all’anima religiosa o alla
politica della città, che Sorel ci ha invitato a scoprire la trama dei grandi avvenimenti storici, la
spiegazione di certi conflitti religiosi, il campo di battaglia delle guerre di cui vive la democrazia, il luogo
dove si decide il destino delle civiltà. Così concepito, lo studio dell’economia diventa tanto animato e
affascinante quanto gli studi storici e politici, cioè come lo studio dei fatti sociali in cui intervengono le
passioni umane. La storia economica, invece di essere dominata dalle invenzioni, appare soggetta alle
stesse leggi che dominano la vita politica, ossia dove batte il cuore degli uomini; nel Circolo diciamo,
ricordando i primi insegnamenti ricevuti da Sorel, soggetta alle leggi del sangue. Sorel entra nella vita da
cui gli economisti l’avevano espulso, ovvero il campo di battaglia delle guerre di cui vive la democrazia e
dei luoghi dove si decide il destino delle civiltà.
René de Marans ve ne parlerà di alcuni, che sono capitali di stati. Voglio concludere ricordandovi uno
degli aspetti dell’opera soreliana a cui attribuiamo il maggior prezzo, perché determina uno dei nostri
atteggiamenti, in quanto serve a stabilire una delle nostre posizioni più importanti. Credo che una delle
più grandi idee di Sorel in materia di organizzazione sociale sia che le costruzioni sociali debbano
nascere e crescere da sole, e che nulla sia più pericoloso e più folle di determinarne la struttura in
anticipo, o farle nascere artificialmente dalle fantasie dello spirito. Non c’è niente di più tradizionale di
questa idea; niente è più conforme alla costituzione dell’antica Francia. Ed è così che noi, appartenenti
all’Action Française, concepiamo l’organizzazione francese sotto la monarchia. Ricordiamo a questo
proposito uno dei principi enunciati da Maurras: “Le libertà non sono concesse; sono prese”. Lo stesso
principio mi ha guidato quando ho svolto la mia indagine sulla monarchia e sulla classe operaia. Sorel
attribuiva a questo principio una virtù straordinaria. E con la sua critica agli utopisti, ai costruttori
immaginari, ha demolito tutti gli architetti sociali di qualunque gruppo fossero, che in questi
cinquant’anni hanno preparato tanti piani di ricostruzione sociale e allo stesso tempo hanno rovinato le
fondamenta del vecchio, bellissimo e solido sistema dove il favore divino ancora li abbelliva con spazio
in cui pensare. Siamo andati al funerale di tutto questo mondo, seguendo le orme di Sorel. Ed era
allegro, perché non era solo quello degli architetti sociali, ma anche dei loro complici, i filantropi e gli
uomini del dovere. Intendo quei solenni comici che si impegnarono a contrapporre i loro buoni
sentimenti alla volontà operaia, che vogliono moralizzare la classe borghese e quella operaia predicando
la gentilezza e la pazienza a quest’ultima, e la bontà e la generosità a quella; che rispondono alla
richiesta di aumenti salariali con interpretazioni scandalose di parole bibliche; che fanno discorsi a
vuoto ai congressi e fondano leghe da cui qualche imbroglione ruba regolarmente la cassa. Sono, infine,
i riformatori da salotto che hanno fatto dell’agire sociale un mezzo per arrivare o a una cattedra
universitaria o a un ricco matrimonio, tutte azioni le cui azioni si esprimono in una letteratura finalizzata
ai premi accademici e nei ritrovi mondani dove i membri dell'”élite operaia” ” a volte venivano invitati,
intendiamo lavoratori ben educati, bravi piccoli impiegati, gentili e cortesi verso quelli delle classi
superiori, e che il più delle volte erano presi dal basso mondo dei piedi piatti che vogliono uscire
dall’officina o dall’ufficio per bassezza, ipocrisia o strilli. Sognatori sociali, utopisti, intellettuali
progressisti.
Amici del popolo, organizzatori di meccanismi sociali, Gerarchi della Sorbona, sfruttatori degli impulsi
del sangue e dei sogni umani: questi sono i mostri che Sorel ha distrutto. Era un’opera potente. E
pensare che questa massa di larve riempiva le strade delle nostre città. E pensare che vent’anni fa la
nazione francese accordava a questo relitto umano un notevole prestigio. Oggi tutto questo è
finito. Tutta la carta stampata dove sono state fissate le divagazioni degli architetti sociali è stata
abbandonata agli archivi. Ora verranno utilizzati solo per le tesi.
Insieme a Sorel, gli stessi intellettuali respingono le pretese dei loro anziani. Essi non concepiscono
compito più grande di quello di rovinare definitivamente il prestigio che i loro predecessori avevano
immeritatamente acquisito tra gli uomini di professione. Tra questo movimento leale all’intelligenza
determinato da Sorel e il movimento del sangue ispirato dal sindacalismo, il partito intellettuale è in
agonia. La vita pubblica possiede i principi della sua purificazione. I gruppi della città possono
organizzarsi secondo le loro leggi interne. Signori, ringraziamo Sorel per la parte eminente che ha avuto
in quest’opera in cui la salvezza nazionale è così profondamente servita. Rendiamo omaggio a Georges
Sorel, padre spirituale della repubblica francese.