esercito

In questo articolo non saranno riportati i nomi per evitare ogni spiacevole conseguenza legale.

Il 4 novembre è passato, e per qualche giorno un impeto patriottico ha attraversato la nazione, un po’ come una buona bevuta il sabato sera: ci siamo dimenticati dei problemi, abbiamo festeggiato e ci siamo sentiti al centro del mondo. Ma ora l’ebbrezza è finita, e bisogna tornare a riflettere razionalmente sul futuro, per fare il punto sulla situazione del nostro esercito.

L’esperienza al parco militare allestito al Circo Massimo è stata particolare: entrare in contatto con un mondo così nascosto come quello militare lascia sempre una certa impressione, e avere la possibilità di fare domande su questo mondo è stato quasi un sogno. La nostra visita è iniziata al punto stampa, dove abbiamo ricevuto una copia del quotidiano militare, un numero emblematica del nostro esercito, su cui campeggiava a caratteri cubitali “NATO, fianco est”. Dopo tutto, la politica orienta i venti di guerra, e chi la guerra deve affrontarla inevitabilmente se ne accorge e agisce di conseguenza. Tuttavia, ci si chiede se i nostri militari siano ben disposti e soprattutto preparati per presidiare questo fianco orientale. Con queste domande in mente, mi sono avventurato nel resto dell’evento, accompagnato da un altro membro del gruppo. Prima, però, una sosta obbligata per provare il cioccolato militare, sorprendentemente buono.

La nostra esplorazione è iniziata presso un’industria specializzata in droni e tecnologie belliche. Qui ci è stata illustrata l’efficacia dei modelli proposti e la loro collocazione sul mercato. A livello tecnico, siamo stati piacevolmente sorpresi di scoprire un prodotto in grado di competere sul mercato internazionale. Proseguendo, ci siamo imbattuti nell’esposizione di un veicolo da trasporto truppe AAVR-7A1 destinato alla marina militare; un rappresentante ci ha spiegato le ragioni di tale acquisto, giustificandolo con i successi del veicolo in quasi tutti i fronti di guerra degli Stati Uniti. La risposta ci ha soddisfatti.

Purtroppo, non possiamo dire altrettanto dello stand successivo, che proponeva lo stesso veicolo e altri modelli della stessa casa produttrice. Alla domanda “Perché un operatore estero dovrebbe scegliere questi veicoli piuttosto che un’alternativa internazionale?”, abbiamo ricevuto risposte vaghe, a eccezione di un aspetto interessante: la facilità di reperire e sostituire i pezzi di ricambio. Apprezziamo comunque lo sforzo del personale dello stand che si è trovato in difficoltà con questa domanda.

Passando a uno stand di un’industria navale, le nostre perplessità sono aumentate ulteriormente: ci è stato presentato un progetto per una portaelicotteri più piccola e lenta rispetto ai rivali internazionali. Nonostante l’impegno della rappresentante nel difendere il progetto, i nostri dubbi rimangono, e sarà il servizio attivo di questa portaelicotteri a dissiparli, se possibile.

Abbiamo quindi visitato un’esposizione sui metodi di prevenzione bellica contro minacce batteriologiche e nucleari. Due militari ci hanno rassicurato sulla massima avanguardia di questi sistemi, ma ciò ha inevitabilmente sollevato una domanda scomoda: perché questi mezzi hanno mostrato limiti in aree in cui nostri alleati NATO utilizzano munizioni a uranio impoverito? Nessuna risposta diretta è stata fornita, sollevando dubbi sulla legittimità tanto dei nostri alleati quanto sui nostri sistemi di prevenzione.

Allo stand dedicato alle “small arms”, abbiamo trovato un assortimento di armi NATO, e con sorpresa un AK-74M in bella vista. La curiosità ci ha spinti a fare domande comparative tra le armi NATO e l’AK. Un militare ci ha spiegato con entusiasmo le differenze, lodando la qualità delle armi NATO senza ignorare l’affidabilità della famiglia AK. Tuttavia, alla domanda “Come si comportano queste armi nel conflitto in Ucraina?”, il militare si è infuriato e ci ha minacciati di chiamare i carabinieri. Fortunatamente, abbiamo parlato poi con i carabinieri, che si sono mostrati decisamente più cordiali. Questa sfuriata, però, ci ha rivelato molto più di quanto qualsiasi risposta tecnica avrebbe potuto dirci.

Infine, ci siamo recati allo stand della marina, dove è stata presentata la nostra terza portaerei (che tecnicamente, per motivi post-bellici, non è definita tale). Un giovane membro della marina ci ha spiegato come la nave sia all’avanguardia e persino superiore ai concorrenti NATO e internazionali, sottolineando la rinomata consulenza e progettazione navale italiana. Questo incontro ci ha lasciato positivamente impressionati.

Nel settore dell’aeronautica, invece, l’impressione è stata negativa: dagli stand è emersa un’immagine di una forza combattente arretrata, con un divario tecnologico interno significativo. E sembra che si voglia colmare questa lacuna acquistando vecchi mezzi americani, quando esistono alternative più economiche e, forse, più efficienti.

Gli ultimi stand dedicati ai carabinieri, al corpo forestale e alla guardia di finanza non hanno offerto particolari novità, se non un accenno al veicolo “Lince” e a un certo “ritardo” nella produzione di veicoli tra esercito e carabinieri. La mia esperienza al Parco della Difesa si è piacevolmente conclusa con una chiacchierata con un anziano simpatico e un militare di alto rango, durante la quale abbiamo discusso di storia, dalla Roma antica alla campagna di Russia, fino alla situazione attuale. Mi hanno incoraggiato a scrivere questo articolo, scusandosi per il comportamento del militare allo stand delle armi.

Per rispondere alla domanda dell’articolo: no, non siamo ancora all’altezza delle sfide del futuro. Tuttavia, esistono uomini e donne coraggiosi, disposti a fare tutto il possibile per proteggere la patria e impegnarsi a far sì che il nostro esercito sia all’altezza. Ed è da loro che possiamo ripartire per costruire una forza armata moderna e popolare.

Foto da EsercitoItaliano.org