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Di Risorse Rosse

Gli interventi sono stati rielaborati nella scrittura per permettere una migliore scorrevolezza narrativa. L’evento si è svolto il 26 ottobre.

Sono stato invitato a questo evento dal mio amico di vecchia data Luca Pingitore, viaggiatore e reporter indipendente presso Vicino Oriente, Caucaso ed Europa Orientale. All’entrata della sede dell’Associazione – al palazzo Rinuccini di Firenze – sono stato accolto da un’immensa quantità di libri, calendari, statuine, quadretti e tanti altri cimeli di epoca sovietica, cultura e intrattenimento russi.

Il ritratto di Stalin osserva e giudica tutti, come prassi dello statista georgiano adottato sovietico.

Ho avuto il piacere di conoscere Gabriella Tozzetti, la Presidente della sezione fiorentina dell’Associazione e di rivedere dopo molto tempo il signor Pingitore. Ho stretto la mano anche alle collaboratrici della Presidente. Ho scherzato con Luca su come la carta politica della Russia appesa dietro la scrivania della Presidente non fosse stata aggiornata con le repubbliche autonome di Crimea, Donetsk e Lugansk, così come gli oblast di Kherson e Zaporoze. Dal 1992 al 2022 un’intera epoca ‘post storica’ si è svolta ed è già passata, di fronte alla nascita di un mondo multipolare.

Nella stanza dove si sarebbe tenuta la proiezione erano presenti album fotografici di Kiev con la dicitura russa e ucraina, cofani di DVD, libri risalenti agli anni Quaranta, due bandiere italiana e russa e diversi poster di film e rappresentazioni teatrali sovietiche. In un’altra stanza, dove ho riposto giubbotto e zaino, ho visto appese le fotografie incorniciate di Lenin e Gagarin, così come ricordi del Partito Comunista Italiano. L’associazione nacque nel 1946 e da allora continua a collezionare e conservare importanti reperti storici e oggetti inerenti la Russia. Per fortuna questo spazio non è stato chiuso dalla russofobia degli ultimi tempi, soprattutto nella Firenze gestita dal Partito Democratico.

Ho avuto il piacere di conoscere Azza nella sala di proiezione, un ragazzo osseto e sopravvissuto alla strage compiuta nella Scuola elementare 1 di Beslan il 3 settembre del 2004. Sulla giacca portava attaccata la spilla con il tricolore bianco, rosso e giallo della sua nazione. Azza è un diminutivo di Atsamaz, utilizzato dall’interessato per mettere a proprio agio gli italiani non fluenti in russo o nelle lingue locali della Federazione. Azza è residente in Italia da un mese e sta imparando la lingua italiana.

L’Ossezia del Nord è una repubblica autonoma all’interno della Federazione Russa ed è situata nella parte settentrionale della catena montuosa del Caucaso. La religione principale è quella cristiana ortodossa, mentre i vicini interni alla Russia sono tutte repubbliche autonome musulmane. Una parte dell’etnia osseta vive in Georgia; prima venne confermata come oblast autonomo della Repubblica Socialista Sovietica Georgiana, poi come parte della Georgia indipendente e poi – per vicende simili alla guerra civile in Ucraina dopo l’Euromaidan – unita militarmente alla Russia nel 2008.

Ad accompagnare Azza c’era il Presidente dell’Associazione Veneto-Russia, Palmarino Zoccatelli, ideatore del manifesto La Russia non è mio nemico che sta girando in Italia negli ultimi mesi ed è stato esportato anche in Francia. Io gli ho stretto la mano come rappresentante di SOCIT per l’occasione e ho condiviso come informazioni inerenti ai rapporti tra il Partito e la Russia l’intervista dell’emittente Sobibor e il comunicato in solidarietà ai combattenti della Repubblica Popolare di Lugansk.

Dopo molto attendere, la piccola sala si è riempita di quasi quaranta persone e la proiezione delle immagini su schermo è potuta iniziare alle cinque e mezzo del pomeriggio. Luca Pingitore ha voluto aprire con una infarinatura generale. Ha voluto ringraziare Gabriella e l’Associazione per avergli fornito uno spazio per parlare di un argomento molto importante, così come i suoi colleghi per le foto.

Quest’anno cade il ventesimo anniversario della strage della Scuola elementare 1 di Beslan. Il Sindaco di Beslan ha vistato Firenze in passato proprio perché qui la cittadina è commemorata con vie e una fermata della Tramvia. Anche Bologna ha legami con Beslan, soprattutto tra il Comitato delle famiglie dei morti causati dall’infausta strage neofascista pilotata e il Comitato delle madri di Beslan. L’oro di Licio Gelli è stato fuso per creare una medaglia per premiare l’impegno di memoria e sensibilizzazione sociale da parte del comitato bolognese.

Il Caucaso è una regione di religione mista e incastonata tra Europa e Asia. Nel corso del XVIII e XIX secolo l’Impero Russo conquistò la regione e un imam, Shamil, emerse come figura ambiziosa che voleva unificare tutti i musulmani del Caucaso sia contro i russi sia contro i turchi. Apparentemente fallì, se la Russia rimase nella regione prima come Impero, poi come federazione socialista con altalenanti intenti di riparazione storica e infine come federazione post-comunista.

Unione Sovietica e ideologia islamico-sunnita reazionaria si erano già scontrati in Afghanistan, dove i combattenti ceceni anticomunisti, tra cui Šamil’ Basaev, si formarono per importare le loro conoscenze belliche e la loro ideologia nella Cecenia degli anni Novanta. Così come gli americani avevano finanziato i mujaheddin attraverso il Pakistan, così non si fecero problemi a chiudere un occhio sulla diffusione del sunnismo reazionario e intollerante anche nel Caucaso russo.

Dopo l’apertura di Pingitore, Azza ha iniziato a parlare in russo, con traduzione fatta da Gabriella.

Il primo settembre nei paesi post-sovietici (tranne quelli baltici) è la festa che celebra la riapertura delle scuole. Tutti i familiari vanno ad accompagnare figli, nipoti, fratellini e sorelline presso l’ingresso delle scuole e ci sono anche cori per aprire l’impegnativa nuova stagione dell’anno.

Mentre Luca parlava gli organizzatori dell’evento facevano scorrere le immagini della tragedia sulla tela sintetica: soldati, civili, carri armati, cadaveri coperti, donne e bambini con ferite profonde, l’angoscia collettiva della cattiveria umana che si era appena scatenata nelle loro vite quotidiane.

Azza aveva sette anni nel 2004 quando venne accompagnato dalla madre e dal fratello più grande a scuola. Tutta la sua famiglia aveva studiato lì e l’istituto era famoso per essere il luogo di istruzione dei figli delle persone più importanti del posto e sorgeva davanti alla sede della polizia locale.

I bambini e gli insegnanti erano pronti a far volare i palloncini, così come Azza era pronto a recitare in pubblico la poesia che aveva imparato a mente e con cui si era esercitato a casa con la mamma.

In quel momento diversi uomini in vestiti militari, con lunghe barbe e passamontagna iniziarono a sparare in aria e a raggruppare i presenti per stiparli nella scuola, così da farli prigionieri.

Più di mille persone furono raggruppate nella palestra. I motivi per cui gli attentatori avevano preso in ostaggio tutte quelle persone erano due: ottenere vantaggi per la Cecenia in vista di una indipendenza come stato a legge islamica e riaccendere il focolare di guerra tra Ossezia e Inguscezia, una vicina repubblica autonoma musulmana contro cui era scoppiata una guerra nel 1992 per alcuni piccoli territori contesi, non più grandi della distanza tra Firenze e Prato.

Alcuni degli attentatori erano proprio ingusci e chiesero di poter parlare con il Presidente della loro repubblica. Il Capo di Stato locale riuscì a far liberare i lattanti con le madri ma purtroppo la sorella di uno degli infanti che si era spacciata per mamma dovette rientrare nell’edificio. Anche se molti osseti considerano ancora oggi il Presidente inguscio connivente dei terroristi, per Azza è un eroe. Egli era rannicchiato nell’angolo dove oggi sono deposte le corone di fiori commemorative con i colori russi. Ai docenti anziani era stato concesso il permesso di andarsene ma il reduce della Grande Guerra Patriottica contro il nazismo volle rimanere lì: “Questa è la mia scuola” e altro non disse.

Il padre di Azza era al lavoro e non aveva potuto prendere parte alle celebrazioni dell’inizio dell’anno scolastico. Dopo aver appreso la notizia della crisi, si fiondò in automobile e subito all’entrata si offrì come ostaggio per riunirsi alla sua famiglia, anche nella cattiva sorte. Di lavoro ed esperienza come artificiere, il suo silenzioso contributo fu fondamentale per disattivare una delle bombe piazzate dai terroristi. Le forze speciali dell’esercito della Federazione Russa si erano posizionate nei pressi della scuola monitorando la situazione ma da quel momento le versioni divergono.

Secondo il resoconto ufficiale del Governo, il terzo giorno le esplosioni partirono dall’interno della scuola e per risposta i soldati vi entrarono. Secondo quanto riportato da Azza e da altri testimoni, le esplosioni partirono dall’esterno per uno sbaglio del Servizio ALFA. Azza, altri bambini e la sua famiglia si ripararono prima sotto una panca, non prima che l’anziano reduce bloccasse uno dei terroristi per permettere la fuga degli altri, perdendo la vita. Anche la madre di Azza fece da scudo.

Alcuni bambini uscirono frettolosamente dalla scuola per dissetarsi alla fontanella poiché erano stati lasciati senza cibo e acqua per tre giorni. Azza e il suo gruppo riuscirono a raggiungere le docce e da lì cittadini comuni riuscirono ad allargare le sbarre della finestra e a liberare molte persone. Alla fine, furono salvati dall’eroismo di gente comune. Morirono 336 persone quel giorno e tanti furono i feriti.

Dei terroristi solo uno sopravvisse per poter essere interrogato, con poche informazioni estratte.

La madre e il padre di Azza furono trasportati in elicottero a Mosca per ricevere cure. Nonostante la gestione discutibile della crisi, per Azza gli uomini del Servizio ALFA rimangono degli eroi. I parenti delle vittime attendono ancora oggi un chiarimento da parte del Governo sulla dinamica dei fatti.

Azza e Gabriella hanno anche menzionato come i poliziotti di Beslan si fossero sostanzialmente nascosti per aspettare i servizi speciali, ma senza condannarli troppo e riconoscendo i loro limiti.

Le immagini hanno continuato a scorrere sulla tela, soprattutto la palestra ancora oggi conservante i segni delle esplosioni e degli spari, le foto incorniciate di insegnanti e alunni e una grande croce ortodossa in legno nel mezzo della sala, con scritte commemorative fatte con fiori posizionate alla base. Insieme alla palestra esistono costruzioni recenti per ricordare la tragedia, come la Città degli Angeli, dove molte statue tappezzano la vista, così come una grande statua angelica guarda ai visitatori; dalle sue mani tante colombe prendono vita e si librano nell’aria, in segno di pace e vita.

In seguito, Azza, i suoi compagni di classe e i suoi insegnanti sopravvissuti furono spostati in una nuova scuola di fronte alle rovine della precedente. Ogni tre settembre Azza e i suoi amici indossano magliette nere a Beslan come commemorazione. Quando prese diploma appose, insieme ai suoi coetanei, le corrispettive fasce traverse sulle tombe dei loro compagni venuti funestamente a mancare quel maledetto giorno di settembre 2004. Anche gli osseti residenti in Turchia visitano ogni anno il memoriale. Azza faticava a trattenere le lacrime e io lo guardavo con una profonda compassione.

Dal pubblico sono partite diverse domande ad Azza: io mi sono limitato a chiedere delucidazioni su certe dinamiche forensi dell’accaduto secondo i sopravvissuti del massacro che non avevo ben inteso. Una seconda persona ha chiesto se la gestione della crisi fosse stata deviata da settori amministrativi russi in combutta con gli americani ma Azza ha risposto che questo era molto improbabile e anche io sono di questa tesi; un segreto che ha bisogno di più di due persone per mantenersi tale non dura molto. Un terzo partecipante ha chiesto se la diaspora osseta in Turchia sia cristiana o musulmana. In momenti come questi, chiedere se siamo andiamo tutti nella stessa chiesa a pregare è rassicurante.

Qui Azza ha risposto che non è importante, aggiungendo che gli uomini osseti dopo il massacro erano pronti a prendere le armi e ad attaccare l’Inguscezia per vendicarsi dei loro morti. Le madri di Beslan – in modo molto reminiscente al nostro mito sul ratto delle Sabine – fermarono i loro padri, mariti, fratelli e figli inferociti, implorando che non serviva versare altro sangue innocente, come se quello già sparso non fosse abbastanza: “i terroristi non sono esseri umani e non hanno religione”.

Stefano e Lucia riuscirono in due a raggiungere la Russia da est, tramite l’organizzazione di Luca, poiché per via del conflitto in corso contro la NATO i viaggi dall’Italia sono stati interdetti. Il loro viaggio ha preceduto la delegazione italiana di Mauro Murgia, rappresentante de facto in Italia della Repubblica dell’Ossezia del Sud per il ventennale. Le guardie di confine hanno chiesto cosa ci facessero in Caucaso – luogo meraviglioso e poco conosciuto per Lucia – e Stefano e Lucia risposero che volevano visitare la Russia. Fu loro risposto che “qui non siamo in Russia”. Dopo alcune ore, gli inaspettati viaggiatori italiani furono sollevati da ogni indagine e poterono dirigersi verso questo ‘pellegrinaggio’ della pace e della vita, come loro uso ogni anno.

A Beslan è stato piantato uno dei semi di un albero sopravvissuto al bombardamento atomico di Nagasaki, così come quest’anno la città è stata visitata dal Presidente Vladimir Putin per la prima volta nella storia delle commemorazioni ed è stata candidata per ricevere il Nobel per la pace nel ventennale. Ogni anno in Ossezia le scuole aprono il 4 settembre, per rispettare chi venne a mancare il 3. Il Sindaco e il Comitato delle madri di Beslan torneranno a fare visita in Italia a fine novembre.

L’ultimo intervento è stato del Presidente dell’Associazione Veneto-Russia, il quale ha ricordato molto amaramente come nessun rappresentante europeo si sia degnato di fare visita a Beslan per il 3 settembre, come se questo aiutasse l’Ucraina. La sua campagna La Russia non è mio nemico non è solo un modo per de-escalare il conflitto nell’opinione pubblica europea, ma anche per ricordare come il governo ucraino filoccidentale e in ostaggio dei neonazisti abbia lanciato dal 2015 fino a oggi missili contro obbiettivi civili nel Donbass, senza ricevere alcuna condanna da parte di UE e USA.

Zoccatelli ha voluto concludere con un appello sia contro il terrorismo di organizzazioni non statali che il terrorismo di Stato, alludendo al genocidio a Gaza da parte dell’entità sionista. Pingitore ha voluto ricordare l’associazione veneta che ha aiutato alla riabilitazione psichica dei bambini sopravvissuti di Beslan, Aiutiateci a salvare i bambini. Essa ha operato anche in Abcasia e tutt’ora in Donbass. Il suo presidente, Ennio Bordato, è stato insignito della cittadinanza onoraria di Beslan.

Azza ha voluto concludere srotolando e mostrando a tutti i presenti una grande bandiera osseta che ha voluto regalare all’Associazione. Ogni elemento di identità che rappresenta i numerosi popoli del grande paese eurasiatico è ben voluto in questo luogo. Applausi lunghi e scroscianti hanno felicemente concluso l’evento. Nella stanza principale era stati messi a disposizione antipasti e bevande, per fornire qualcosa agli ospiti che avevano assistito a tre ore di presentazione. Ho abbracciato con grande senso di solidarietà e novello affetto Azza, augurandomi il meglio per lui.

Mi sono trattenuto a parlare con Zoccatelli sulla guerra dell’informazione occidentale contro la Russia, la mancata copertura mediatica sulle sofferenze degli abitanti del Donbass che ha portato all’inizio dell’Operazione Militare Speciale, il piano degli anni Cinquanta della CIA per separare l’Ucraina occidentale dall’URSS e i cortocircuiti ideologici antifascisti nel blocco occidentale.

Ho mangiato qualcosa rispettando l’offerta, sotto lo sguardo di un ritratto pensieroso di Lenin e di una icona di San Giovanni IX sulla stessa parete. Mi sono trattenuto con gli ospiti esprimendo le mie idee di stati-civiltà euroasiatici, arabi, pan-latini e mediterranei necessari per affrontare le sfide del XXI secolo, collegando Palestina e Donbass come un’unica lotta di liberazione e rigenerazione.

Ho avuto modo di rivedere Alessandro Fanetti, collaboratore di Come Don Chisciotte, amico del Segretario Amicarella e personalmente già conosciuto alla proiezione del film ‘Il Testimone’ al circolo di Brozzi.

Dopo aver ripreso giubbotto e zaino, ho ringraziato personalmente per la presenza e gli interventi Zoccatelli, Azza – abbracciato fortemente di nuovo e augurandomi di rivederlo presto – Luca, Stefano, Lucia, la Presidente Tozzetti e le sue collaboratrici. Ho fatto nota ad alcuni presenti dell’evento organizzato dal Tazebao e da Artverkaro Edizioni che si terrà il 15 novembre alla Libreria L’Ora Blu ‘Qui Vadis Italia?’. Dopo aver salutato tutti, con gran risposta dei presenti, ho lasciato la sede dell’Associazione con grande soddisfazione e sperando di poter assistere a un’altra loro iniziativa.

Dedicato ad Azza.