Di Sov
Riguardo alla questione dell’esercito, non si può che provare una profonda vergogna, non solo per il pietoso stato delle nostre forze armate, ma anche per il terribile ruolo loro assegnato. Infatti, quello che dovrebbe essere il meccanismo di difesa della patria si è trasformato in un altro strumento della terribile occupazione americana e della repressione dei cittadini italiani, nonché in uno strumento dei crimini della NATO all’estero contro i popoli liberi del mondo. I nostri soldati sono ridotti a meri auxilia per le guerre imperialiste degli Stati Uniti.
I nostri soldati muoiono, contraggono tumori e malattie per i comodi di Washington, mentre l’Italia si trova in una situazione di insicurezza sempre maggiore. Questi uomini, che giurano di proteggere la nazione, si trovano così a lavorare direttamente contro i suoi interessi; che si tratti della repressione del dissenso a casa o di missioni imperialiste dall’altra parte del globo, poco cambia. Inoltre, nonostante il suo ruolo di repressione e imperialismo, il nostro esercito versa in una condizione pietosa: tra l’equipaggiamento obsoleto, veicoli incapaci di operare nel contesto attuale e una stagnazione tattica significativa, il costo esorbitante della “difesa” è sempre meno giustificato. Viene da chiedersi dove finiscano veramente quei soldi, mentre il nostro esercito continua a perdere equipaggiamenti, che vengono inviati in Ucraina, dove spesso finiscono in modo indecoroso, come rottami o preda bellica dei russi; spesso, insieme all’equipaggiamento, vengono persi anche gli istruttori, nel silenzio compiacente dei media e sotto il segreto di Stato, così che oltre alla morte si aggiunga l’anonimato per i nostri connazionali, persi in una guerra non loro, lontani da un paese che ha sempre più bisogno di loro.
Ma forse la parte peggiore è che la politica è completamente distaccata dall’esercito.
La nostra amministrazione quasi-coloniale non sa come gestire i nostri soldati, come dimostrato nelle varie tragedie sul territorio nazionale, dai terremoti al COVID. L’esercito è stato usato in modo inefficace e con enormi sprechi. L’esercito è sempre meno ascoltato dalla politica, che antepone il servilismo a Washington alla realtà materiale. Mentre il nostro ministro della difesa ammetteva in un’intervista che la nostra produzione militare era ai minimi, il governo parlava di mandare navi nel Mar Rosso e di aiutare militarmente Israele. Qualcuno potrebbe pensare che Vannacci sia un tentativo della politica di riavvicinarsi all’esercito o viceversa, ma Vannacci ha finora dimostrato di essere completamente distaccato dalla formazione da cui proviene, creando enormi dubbi su quanto l’alto comando sia in contatto con le sue truppe e con se stesso, considerando che la politica del “generale” è quanto di più asservito a Washington possa esistere, con buona pace di chi lo difende poiché sta dalla parte degli imperialisti alt-right invece che degli imperialisti woke. Questo distacco così marcato tra politica e braccio armato potrebbe sembrare assurdo per un’amministrazione quasi-coloniale come la nostra, e invece era un destino già scritto, precisamente nelle folli (i)logiche del capitale, il quale, nel mettere il profitto davanti a tutto, finisce per abbandonare gli strumenti che lo mantengono in piedi. Tuttavia, il distacco politico non è solo da parte della classe dominante, ma anche da parte di coloro che si professano anti-sistema. Infatti, le formazioni che dovrebbero guidare la rivoluzione o almeno portare un cambiamento radicale nel nostro paese, hanno un atteggiamento di esclusione verso le forze armate, sia militari che di polizia.
Questo sentimento, frutto a metà tra teorie del ’68 e un decadimento di ogni vera teoria politica e patriottica, lascia le forze militari da sole e separate da un movimento con cui potrebbero trovare un fronte comune, visto che ogni opinione politica permessa nell’esercito e altre formazioni è pesantemente anti-sistema e soprattutto anti-terza guerra mondiale, una posizione che sarebbe sicuramente condivisibile da molte formazioni “rivoluzionarie” se non fossero così trincerate nei loro dogmi.
È quindi necessario abbattere il muro tra politica e forze armate: un esercito depoliticizzato è un esercito alienato dal suo popolo, dal suo scopo e dalla sua nazione. L’esercito deve diventare politico e fedele a una politica per il popolo. Questa politicizzazione deve avvenire a ogni livello, dalla recluta al generale, e deve essere profonda e radicata. Per fare ciò, è di assoluta necessità costruire un ponte sopra l’abisso che separa politica e forze armate; bisogna rivolgersi direttamente ai nostri connazionali in divisa e far loro capire che, con o senza divisa, restano italiani e proletari, e che la loro lealtà deve essere rivolta verso queste identità, soprattutto verso coloro che desiderano preservare la patria. Dopotutto, lo scopo dell’esercito è la difesa nazionale contro nemici esterni e interni, e quando questi nemici sono al potere, è necessario che le forze armate, in coscienza e accordo con il popolo, li rimuovano da tale incarico, soprattutto quando la mancata azione nei confronti di tali individui mette il mondo sull’orlo della guerra nucleare. Inoltre, coloro che attaccano così duramente le forze armate statali dimenticano che la storia dimostra ampiamente il potenziale rivoluzionario di queste forze. Dopotutto, c’è un lungo filo rosso che connette i soldati che organizzavano i soviet nelle caserme ai disertori del Kuomintang, fino agli eroi che cercarono di salvare il comunismo nel blocco orientale. Non è un caso che Gorbaciov, il traditore, cercò così disperatamente di staccare l’esercito dal Partito per completare la distruzione dell’URSS.
Qualcuno potrebbe obiettare sostenendo che le forze armate, e più in generale l’Occidente, manchino di potenziale rivoluzionario e debbano aspettare la liberazione, magari con tanto di imposizione culturale, da parte di altre nazioni. Questa è forse la peggiore delle visioni sull’argomento e va fortemente rigettata! Non c’è e non ci deve mai essere spazio per i disfattisti e i traditori nazionali che credono nella svendita a un’altra nazione solo perché esistono difficoltà interne nel cambiare la situazione nazionale. Il popolo e l’esercito italiani non hanno bisogno di balie o padroni!