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Di Paolo Ciardullo

Lo scorso 26 luglio dal Senato, con 130 voti a favore e 4 astenuti, è stata approvata una mozione per riconoscere il cosiddetto “Holodomor”, la grande carestia, come genocidio ai danni del popolo ucraino. Da dove nasce la propaganda in merito? Quali sono le probabili ragioni della carestia?

Questa posizione certifica che la borghesia italiana sia disposta a sostenere le azioni occidentali in Ucraina con ferma convinzione, allineandosi ideologicamente alle posizioni sostenute da molti nazionalisti filo-atlantisti dell’est Europa, specie quelli ucraini. Oltre a questo, tale mozione indica chiaramente una deriva sempre più destroide in chiave anti-socialista, in molti sproloquiano sui presunti crimini comunisti, specialmente staliniani, e sulla carestia del 1933 in particolare. Per cui è giusto che in merito alla questione si ristabilisca la verità oggettiva dei fatti.

La propaganda sul presunto genocidio degli ucraini affonda le sue radici nel 1934-35, quando i nazisti avevano bisogno di preparare gli animi del popolo al progetto di “liberazione” dell’Ucraina, la quale Hitler affermava essere parte del “Lebensraum” (spazio vitale) tedesco.

Questa campagna propagandistica non faticò a raggiungere il territorio degli Stati Uniti. Infatti sulla stampa di Hearst, magnate del giornalismo e simpatizzante dei nazisti (che casualità!), cominciò la pubblicazione degli articoli di Thomas Walker, che avrebbe viaggiato in Unione sovietica per lungo tempo. In questi reportage egli descriveva, nel 1934, gli strascichi della grande carestia. A smentirlo fu, però, Louis Fischer, corrispondente del giornale “The nation”, che dichiarò: «Il signor Walker, ci informano, è entrato in Russia nella primavera scorsa, dunque nella primavera del 1934. Egli ha visto la carestia. Ha fotografato le sue vittime. Ha avuto resoconti di prima mano sulle devastazioni della carestia, che vi spezzano il cuore. Oggi la carestia in Russia è un argomento scottante. Perché il signor Hearst ha conservato questi articoli sensazionali per dieci mesi prima di pubblicarli? Quindi, ho consultato le autorità sovietiche. Thomas Walker è stato solo una volta in Unione Sovietica. Ha avuto un visto di transito dal consolato sovietico a Londra, il 29 settembre 1934. È entrato in URSS dalla Polonia, a Negoreloje, in treno, il 12 ottobre 1934. Non in primavera, come dice. Il 12 era a Mosca. Vi è rimasto da sabato 13 a giovedì 18 ottobre e subito dopo ha preso la Transiberiana che lo ha portato al confine tra l’Unione Sovietica e la Manciuria, il 25 ottobre 1934… Sarebbe stato impossibile per il signor Walker, nei cinque giorni compresi tra il 13 e il 18 ottobre, percorrere un terzo dei luoghi che egli “descrive” raccontando la sua esperienza. La mia ipotesi è che egli abbia soggiornato a Mosca abbastanza a lungo per ottenere da stranieri inaciditi il “colore locale” ucraino di cui aveva bisogno per dare ai suoi articoli la parvenza di verosimiglianza che essi posseggono»¹.

Inoltre, come dimostrato da Douglas Tottle, sindacalista e giornalista canadese, Walker aveva fatto uso anche di foto false, datate alla carestia del 1922 e addirittura alla Prima Guerra mondiale!

Sulla scorta degli articoli pubblicati sulla stampa di Hearst, Ewald Ammende, segretario del “Congresso europeo delle nazionalità”, vicino al partito nazista, pubblicò nel 1937 un libro, “La Russia deve morire di fame?”, in cui vi sono importanti fotografie sulla carestia. Esse sarebbero staate scattate da Ditloff, un funzionario del governo nazista. In realtà, come riporta Ludo Martens in “Stalin: un altro punto di vista”, «tra le foto di Ditloff, sette, di cui quella del “bambino-rospo” erano già state pubblicate da… Walker». «Un’altra foto ritrae due ragazzi scheletrici, simbolo della carestia ucraina del 1933. Noi abbiamo potuto vedere la stessa immagine nella serie televisiva “La Russie” di Peter Ustinov: essa proviene da un documentario sulla carestia del 1922 in Russia! Un’altra foto di Ammende è stata dapprima pubblicata dall’organo di stampa nazista, il “Volkischer Beobachter”, del 18 agosto 1933. Anche questa foto ha potuto essere individuata in libri datati 1922».

La campagna anti-sovietica sulla carestia riprese vigore durante il periodo di McCarthy, quando milioni di nazisti ucraini erano riusciti ad entrare negli Stati Uniti. Essi realizzarono, quindi, nel 1953, un’opera di due volumi, «Le azioni criminali del Cremlino”. Questo libro contiene una serie di foto false sulla carestia del 1932-1933. Ludo Martens riporta un fatto esilarante in merito: «Un’immagine è sottotitolata: “Piccolo cannibale”. Essa proviene dalla “Information n° 22” del Comitato internazionale per gli aiuti alla Russia, pubblicato nel 1922, dove la foto ha come sottotitolo “Cannibale di Zaporoz’e: ha mangiato sua sorella”. Alla pagina 155, “Black Deeds” mostra una foto di quattro soldati e di un ufficiale che hanno appena giustiziato degli uomini. Titolo: “L’esecuzione dei kulaki”. Piccolo dettaglio: i soldati indossano l’uniforme zarista! Così, ci viene mostrata un’esecuzione zarista come prova dei “crimini di Stalin”».

La propaganda sulla grande carestia ebbe un altro picco durante la presidenza di Reagan. In questo squadro si inserisce il film “Harvest of Despair”. Esso fu realizzato grazie alle testimonianze di nazisti tedeschi ed ucraini e, come riferisce il solito Ludo Martens, «per illustrare la “carestia-genocidio” degli anni 1932-1933, gli autori hanno utilizzato alcune sequenze di fatti precedenti il 1917, frammenti dei film “Le Tsar Famine”, del 1922, e “Arsenal”, del 1929, inoltre sequenze di “Siège de Léningrad”, girate nel corso della Seconda Guerra mondiale».

In questo contesto trovò spazio anche Conquest, storico anti-comunista, che aveva collaborato col servizio di disinformazione inglese fino al 1956. Ed è nel 1986 che pubblicò il suo libro “Harvest of Sorrow”, in cui egli sostiene spudoratamente il punto di vista dell’estrema destra ucraina, arrivando a dire che i nazisti ucraini avessero condotto una lotta “antitedesca e antisovietica”. Ludo Martens, a proposito, nel suo libro su Stalin asserisce: «Tutti i loro “resoconti” di combattimenti che essi assicuravano di aver intrapreso contro i Tedeschi, si rivelarono falsi. Essi avrebbero giustiziato il capo di stato maggiore delle SA, Victor Lutze. Peccato che quest’ultimo sia morto in un incidente d’auto presso Berlino. Essi avrebbero ingaggiato un combattimento contro 10.000 soldati tedeschi presso Volyn’, nell’estate 1942. Lo storico Reuben Ainsztein ha provato che nel corso di quella battaglia 5.000 nazionalisti ucraini avevano partecipato, al fianco di 10.000 soldati tedeschi, ad una grande operazione di accerchiamento e annientamento dell’esercito partigiano diretto dal celebre bolscevico Aleksej Fëdorov!».

Conquest difese nella sua opera il punto di vista dei nazionalisti ucraini semplicemente perché le fonti sulla carestia erano fornite da questi ultimi. Ancora Ludo Martens scrisse: «La parte cruciale, il dodicesimo capitolo di “Harvest of Sorrow”, ha per titolo: “La carestia infuria”. Essa contiene un elemento impressionante di 237 riferimenti. Uno sguardo un po’ più attento ci fa notare che più della metà rimanda ad emigrati ucraini di destra. Il libro dei collabprazionisti ucraini “Black Deeds of the Kremlin” è citato 55 volte!». Ludo Martens continua dicendo: «A pagina 244, Conquest cita “un Americano” che ha visto delle persone affamate “in un villaggio a trenta chilometri a sud di Kiev”. “In una capanna essi bollivano delle schifezze che era impossibile descrivere”. Riferimento: “New York Evening Journal”, 18 febbraio 1933. In realtà si tratta di un articolo di Thomas Walker, pubblicato sulla stampa di Hearst nel 1935!». Proprio da questo fatto si comprende la natura meschina di Conquest, che si guardava bene dal citare Walker!

Pure per quanto concerne il numero di morti, se ne dissero molte e, in particolare, risalta la stima di 5,5 mln di Dana Dalrymple. Egli basava questo numero su 20 diverse stime, provenienti dalla stampa di Hearst, da pubblicazioni di destra durante gli anni maccartisti e da collaboratori della CIA.

Da questa esposizione del punto di vista tutto tranne che oggettivo, si può ben comprendere di quanto questo sia estremamente fragile e ben poco corroborato dalla realtà dei fatti.

Dopo questa lunga “pars destruens” occorre naturalmente una “pars construens”.

Nel 1932-1933 ovviamente una carestia in Ucraina vi fu e provocò circa 1/2 mln di vittime, secondo le stime di Ralph Barnes del “New York Herald Tribune” e di Walter Duranty del “New York Times”. Si tratta sicuramente di cifre altissime, ma molto minori sia di molte stime strampalate che dei 9 mln di morti, che si ebbero in seguito alla carestia del 1920/1921, causata dall’invasione dei Paesi imperialisti contro i bolscevichi. Per di più la carestia fu viziata da cause non riconducibili a presunti deliri anti-ucraini da parte della direzione del Cremlino, né tantomeno ad una supposta inadeguatezza del sistema collettivista che in quel periodo si stava formando nelle campagne.

Hans Blumenfeld, un rinomato architetto canadese, che all’epoca della carestia si trovava a Makajevka, in Ucraina, scrisse nelle sue “Memorie”: «Un insieme di fattori (la causò). In primo luogo l’estate calda e secca del 1932, che avevo vissuto al nord di Vjatka, aveva fatto fallire il raccolto nelle regioni semi-aride del sud. Poi la lotta per la collettivizzazione aveva disorganizzato l’agricoltura. La collettivizzazione non era un processo che seguiva un ordine e delle regole burocratiche. Essa consisteva in azioni dei contadini poveri, incoraggiati dal Partito. I contadini poveri erano entusiasti di espropriare i kulaki, ma meno zelanti quando si trattava di organizzare un’economia cooperativa. Nel 1930 il Partito aveva già mandato dei quadri per contrastare e correggere gli eccessi. […] Dopo aver dato prova di prudenza nel 1930, il Partito lanciò una nuova offensiva nel 1932. Come conseguenza i kulaki in quell’anno cessarono la produzione, mentre la nuova economia collettiva non produceva ancora a pieno rendimento. Con una produzione inadeguata, si soddisfece dapprima il bisogno dell’industria urbana e delle forze armate; poiché l’avvenire di tutta la nazione, compreso quello dei contadini, ne dipendeva, non si poteva fare nemmeno altrimenti. Nel 1933 le piogge furono sufficienti. Il Partito inviò i suoi quadri migliori per aiutare il lavoro organizzativo nei kolchozy. Essi ci riuscirono. Dopo il raccolto del 1933, la situazione migliorò radicalmente e con una rapidità stupefacente»².

La presenza di un clima non favorevole all’epoca della carestia fu confermata persino da Michajl Chrusevskij, uno dei principali storici nazionalisti, ed anche dal professor Nicholas Riasanovsky, che ha insegnato ad Harvard, e dal professore Michael Florinskij, che aveva lottato contro i bolscevichi durante la guerra civile.

L’azione sabotatrice dei kulaki fu confermata persino dal capo del movimento nazionalista ucraino, Isaac Mazepa, che, in un articolo del 1934, era soddisfatto dell’azione della destra contro la collettivizzazione.

Inoltre il già citato Blumenfeld asserì questo: «Non c’è dubbio che la carestia è costata molte vittime. Non dispongo di dati su cui basarmi per fare una stima del loro numero. […] Probabilmente la maggior parte dei decessi del 1933 è stata causata da epidemie di tifo, da febbri tifoidi e da dissenteria». Horsley Gatt, che inventò la stima di 15 mln di morti per la carestia, tuttavia confermò quanto riportato precedentemente: «Il picco dell’epidemia di tifo coincideva con quello della carestia. […] È impossibile stabilire quale delle due cause sia stata maggiormente responsabile del numero delle vittime»³.

Per di più, lo stesso Blumenfeld smentisce l’ipotesi di un genocidio etnico nei confronti dell’Ucraina, sottolineando quanto la carestia coinvolse anche le regioni russe del Basso Volga e del Caucaso del Nord.

Per smontare la vulgata del nazionalismo ucraino, però, basterebbe solamente spiegare l’atteggiamento degli ucraini stessi durante l’occupazione nazista. Il professore americano William Mandel a tal proposito scrisse nel 1985: «Nella parte orientale, la più estesa dell’Ucraina, che era sovietica da più di vent’anni, la lealtà era prevalente e quasi generale. C’era un mezzo milione di guerriglieri sovietici […] e 4.500.000 uomini dell’etnia ucraina combattevano nell’esercito sovietico. È evidente che questo esercito sarebbe stato estremamente indebolito se ci fossero state delle defezioni consistenti da parte di una componente così numerosa».

Infatti il nazionalismo organizzato si limitava alle zone della Galizia, che prima della guerra era sotto il controllo polacco. A testimoniare l’atteggiamento del popolo ucraino in prima persona durante la guerra fu Aleksej Fëdorov, comandante di un gruppo di partigiani, nel suo libro “Partigiani d’Ucraina”.

In definitiva, la situazione attuale dell’Ucraina non dimostra altro che laddove si getta la spada di Stalin si brandisce la spada di Hitler e, fuor d’ogni dubbio, la propaganda sulla carestia del 1933 agisce in questo senso.

Fonti:

1 Ludo Martens, “Stalin: un altro punto di vista”.

2 Ibidem.

3 Ibidem.