Recentemente abbiamo sentito che il Medio Oriente sta attraversando un momento assai particolare, e, come noto a tutti, uno degli attori che è al centro di questi avvenimenti è lo stato sionista.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è caduta a febbraio quando il governo sionista ha proclamato la sua famigerata riforma della giustizia, la quale renderebbe de facto la corte suprema appannaggio del governo, il cui capo, Netanyahu, storico capo del partito Likud, essendo al centro di innumerevoli scandali di corruzione ha deciso di stipulare al fine di scampare alla giustizia. Questo provvedimento, ha fatto scatenare la rabbia dei sionisti contro il loro stesso governo, i quali sono immediatamente scesi in piazza a protestare. Tali proteste si sono mostrate particolarmente tenaci, e non sono mancate violenze e provocazioni sui Palestinesi, sia da parte dei manifestanti che da parte delle forze dell’ordine. Tuttavia è importante sottolineare la vera origine di queste proteste, che non sta nella famosa “riforma della giustizia” ma ha radici molto più profonde. Innanzi tutto, quando parliamo di israeliani, a differenza di quello che dice a gran voce la propaganda sionista, si parla di un popolo tutt’altro che omogeneo, anzi si parla di un miscuglio di ebrei venuti in Palestina solo tra il XIX ed il XX secolo. E provengono dalle parti più disparate del mondo con culture significativamente differenti, ciò ha dato origine alle famose “5 tribù” (tanto per usare un termine biblico) che compongono la moderna società israeliana, vi sono gli ebrei d’origine europea, gli Askenaziti, che sono tendenzialmente più laici, gli ebrei d’origine nordafricana e medio-orientale, chiamati “Sefarditi”, ed anche gli Haredi, che sono gli Ebrei ortodossi, ed infine si dovrebbero contare anche i Falascia, Ebrei d’origine etiope, costoro però contano circa 130.000 individui in uno Stato che ammonta a 7 milioni di abitanti, quindi si tratta di una piccola minoranza. Ma cosa più importante è che poco più del 20% degli abitanti di Israele è composto dai Palestinesi, che sono la “quinta tribù”, e che rappresentano per i sionisti il nemico esistenziale insieme all’Iran, de facto una delle poche cose che tiene insieme la società sionista (ad esclusione degli Haredi, che non sono sionisti), è la presunta “minaccia” che rappresentano i nemici dei sionisti. queste spaccature tutt’oggi sono ben visibili.
Addirittura l’ex presidente di Israele Rivlin, affermò in una sua dichiarazione che lo stato sionista era sull’orlo di uno sconto interno, poiché le spaccature sono tali da fare un modo che all’interno della sedicente “unica democrazia nel medio oriente” vi sono 4 tipi di scuole diverse, quelle ebraiche-laiche, quelle ebraiche-religiose, quelle degli Haredi ed infine quelle arabe, da notare come gli ultimi due, non essendo sionisti non solo sono ovviamente esclusi dalle forze armate, ma anche dal mercato del lavoro, seppur compongono metà della popolazione israeliana sommati insieme, di conseguenza, l’accusa di “apartheid” che si fa ad Israele risulta essere non corretta… Poiché in realtà è peggio, si tratta di uno “stato ebraico” che discrimina però altri ebrei, gli Haredi in primis ma anche quei pochi Falascia che vi risiedono (questi ultimi però per motivi “di stirpe”). Addirittura in Israele non si sono mai riusciti a mettere d’accordo nemmeno su quelle che sono generalmente considerate come “i pilastri” di tutti gli Stati, ovvero i confini e la costituzione. Per quanto riguarda i confini, va ricordato che de facto i territori sotto controllo di Israele arrivano sono ben oltre quelli che si vedono se prendessimo una cartina, ricordiamo che il governo sionista controlla territori fino al Giordano in quanto occupati, oppure, l’esempio più classico, quello delle alture del Golan, dal 1967 sotto occupazione israeliana, l’occupazione è stata formalmente condannata dall’ONU ma facto non è successo nulla di concreto per far cessare stato d’occupazione, addirittura nel 2021 il governo di Tel Aviv progettava, e ancora sta progettando, un tipo di insediamento nelle alture del golan con lo scopo di raddoppiarvi la popolazione ebraica a scapito di quella siriana, e il progetto incontrò il favore di Washington. Mentre per quanto riguarda la costituzione, Israele sta lentamente progettando di averne una e solo in queste ultime settimane siamo arrivati ad un punto cruciale, superato il quale avremmo un’idea molto più chiara su come sarà una futura costituzione Israeliana. Da tenere presente che una volta avuto il documento costituzionale sarà chiaro a tutto il mondo chi è israeliano e chi no. In questo contesto si inseriscono i recenti avvenimenti anche di violenza sui Palestinesi, che dal 26 gennaio scorso ha mostrato anche atti assolutamente disumani, si calcola che solo nel periodo che intercorre tra l’inizio delle ostilità ed i primi di aprile vi siano stati almeno 98 persone uccise di cui 16 bambini, con la media che supera il morto al giorno, e che la propaganda sionista ha subito etichettato tutti quanti come “jihadisti”. Ricordiamo anche le violenze che la polizia israeliana ha attuato lo scorso sabato santo presso la basilica del Santo Sepolcro, uno dei luoghi più sacri del cristianesimo, dove la polizia israeliana ha fatto irruzione nel luogo sacro ed ha picchiato ripetutamente i fedeli lì per pregare. Lo “scopo” di queste nefandezze è quella di portare a termine il progetto del governo israeliano in carica, quello più a destra che la storia di Israele abbia mai avuto, ovvero far cessare l’occupazione dei territori occupati per passare ad una vera e propria annessione e chiaramente attuare pulizie etniche ai danni della popolazione araba in Cisgiordania e Gaza in primis. Va inoltre ripetuto, che l’attuale governo israeliano è molto “di destra” (tanto da comprendere elementi che si è autodichiarato fascista), tuttavia, la differenza tra destra e sinistra in Israele non è affatto somigliante neppure minimamente allo schema “destra e sinistra” che vige in Europa, chi è “di destra” in Israele, come l’attuale primo ministro Netanyahu, ha una visione spiccatamente “etno-nazionalista”, secondo cui la terra santa, con confini sempre più larghi, deve essere abitata solo da Ebrei, mentre la “sinistra” ha un approccio più “patriottico” (se così si può definire), e si pongono come obiettivo quello di assimilare le minoranze, ovvero di spogliarle di ogni senso di appartenenza al di fuori di quello di Israele, pur permettendoli di mantenere la loro religione e di vivere sotto Israele, e definire in modo più chiaro i confini. A questo complicato quadro va inoltre allargato lo sguardo, in particolare vanno tenute in considerazione due potenze esterne, che sono Stati Uniti e Iran.
La prima è lo Stato protettore di Israele e promotore del sionismo per eccellenza, il quale però, è governato dal partito democratico a cui non piace affatto il governo di Israele che ha come capo del governo un uomo che è stato sia membro del partito repubblicano americano che nello stesso tempo un forte alleato esterno del partito repubblicano, specialmente dopo che Trump ha spostato l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme. Dall’altra parte, l’Iran, ovvero una potenza che ha la possibilità di costruirsi armi nucleari in poco tempo, e che costituisce il nemico numero uno dello stato sionista, tuttavia in quest’ultimo periodo si sta mostrando sempre meno disposto nell’intraprendere azioni militari all’estero, questo anche perché segnato da rivolte interne. Questi ultimi due fattori, uniti alla profonda eterogeneità della società israeliana, sono state essenziali per mostrare le contraddizioni che non solo sono presenti nella società civile Israeliana, ma anche nelle forze armate, infatti, la cosa più incredibile avventura con le proteste sono state la prima il rifiuto dei piloti di caccia, ossia di uno dei corpi più essenziali per le forze armate israeliani di rifiutarsi di partecipare alle esercitazioni, l’altra è che a seguito della fuga dei documenti del pentagono sarebbe uscita la notizia secondo la quale il Mossad, il famigerato servizio segreto israeliano, starebbe dalla parte delle proteste, chiaramente questa è una esagerazione, tuttavia il capo della polizia di Tel Aviv si è mostrato a fianco dei manifestanti, ciò evidenzia che anche se quanto riferito dai documenti americani può essere esagerato non è in realtà inesatto.
Questi fattori non possono che confermare ciò che abbiamo affermato all’inizio, ovvero che l’unica cosa che tiene uniti gli “israeliani” sono i suoi nemici e le potenziali minacce. Di conseguenza, ne possiamo dedurre da ciò una nozione molto importante, che senza dubbio alla stragrande maggioranza dei lettori sembrerà impossibile, ossia che il giorno in cui l’ultimo palestinese verrà martirizzato dagli israeliani, potrebbe forse essere l’inizio della fine di Israele.