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Di Leonardo Bellucci

Nel 2014 non è solo caduta quella pedina di un enorme domino che ha finito per innescare un’insolita guerra in Europa che è quella che si sta combattendo tra Russia ed Ucraina.

Ma è anche l’anno in cui all’interno del mondo slavo ed ortodosso si sono verificate grosse crepe, che poi hanno finito per trasformarsi prima in scismi poi in una vera e propria guerra di religione tacita.

Già dal 24 febbraio 2022 molti dei mezzi di comunicazione italiani hanno evidenziato la posizione molto netta del patriarca russo Cirillo I in questa guerra, incolpando pure in maniera più o meno implicita colpa alla dottrina cristiana…

Tuttavia, quasi nessuno dei mezzi di comunicazione ha anche solo provato ad indagare su quali siano le cause profonde di ciò a cui stiamo assistendo.

Se volessimo riassumere la complicata faccenda, dobbiamo affermare che quella che oggi si chiama “Ucraina” è in realtà la culla d’origine di tutti i popoli slavi, molti degli eventi più determinanti che riguardano i popoli slavi, sono avvenuti partendo da lì, tra questi, vi è la conversione del principe San Vladimir il grande, che all’incirca nel 988 d.C. si convertì al cristianesimo, provocando anche la conversione dei suoi sudditi, (da notare anche che i rispettivi presidenti delle nazioni un guerra portano il suo nome).

Col passare dei secoli, l’Ucraina, che come da nome è una zona di confine, è stata soggetta a dominazioni di molte nazioni straniere, tra queste, alcune di quelle che hanno influenzato maggiormente il capitale culturale ucraino ci sono i Tatari, dal 1441 al 1783, (i quali hanno lasciato molte tracce della loro dominazione, soprattutto in Crimea, dove è tutt’ora presente una minoranza tatara e musulmana), dal XVI vi sarà presente anche la dominazione polacco-lituana, mentre in età asburgica la Galizia sarà soggetta alla dominazione Austro-ungarica.

Gli ultimi due imperi hanno influenzato di più soprattutto l’ovest dell’Ucraina, dove si concentra la minoranza cattolica di rito greco, ed anche dove si concentra la parte più filo occidentale dell’Ucraina, (ricordiamo che il collaboratore filo nazista Stepan Bandera era un cattolico di rito greco, figlio di un sacerdote, che nel rito greco non applica le medesime regole della chiesa romana in fatto di celibato).

Nel 1991, con l’indipendenza iniziano le prime frizioni con la Russia anche sul piano religioso.

Nel 1992, con il crollo dell’URSS e quindi anche con la fine delle repressioni della religione, vi è il tentativo di creare una chiesa ortodossa autocefala ucraina da parte dell’arcivescovo ucraino Filarete I, (seppur in Ucraina era già presente una chiesa ortodossa autocefala, anche se non riconosciuta dal patriarca di Costantinopoli).

L’episcopo ucraino verrà prima rimosso dal suo incarico, successivamente, nel 1995 scomunicato dalla chiesa ortodossa russa.

Tuttavia l’anno che fa da spartiacque è il 2018, ossia ben 4 anni dopo i fatti di Maidan.

Il giorno 15 dicembre 2018 infatti, con l’autorizzazione del patriarcato ecumenico di Costantinopoli, considerato un primus Inter pares nella gerarchia delle chiese ortodosse, avviene il “concilio di riunificazione”, un evento di portata storica in cui la chiesa ortodossa ucraina (fondata da Filarete) e l’altra chiesa ortodossa ucraina (che fino al giorno 11 ottobre 2018 non aveva mai goduto neppure del riconoscimento ufficiale) congiungono in un unica chiesa ortodossa autocefala ucraina (c’è da aggiungere che questo evento fu fortemente sostenuto ed incoraggiato da Petro Poroshenko e tutte le correnti atlantiste, europeiste ed occidentaliste in Ucraina).

La cosa mandò su tutte le furie la chiesa ortodossa russa, poiché l’unica chiesa ortodossa riconosciuta in Ucraina prima di allora era quella facente riferimento al patriarcato di Mosca (ancora oggi l’unica riconosciuta dalla chiesa ortodossa russa).

La reazione del patriarca Cirillo fu netta, interruppe la piena comunione con Costantinopoli, tale evento, è conosciuto come “scisma del 2018”.

Non era la prima volta che la chiesa ortodossa russa prende questo tipo di decisioni nei confronti del patriarcato ecumenico di Costantinopoli per ragioni di “politica estera”.

Infatti una cosa simile era successa nel 1993 a seguito del riconoscimento di Costantinopoli di una indipendente Chiesa ortodossa in Estonia, ma in quel caso lo scisma durò solo tre anni.

Stavolta però, a mettere il sale sulle ferite è stata la guerra scoppiata il 24 febbraio 2022 e la netta posizione del patriarca di Mosca.

Infatti dall’inizio del conflitto, la posizione del governo di Zelensky verso la chiesa ortodossa Ucraina (quella sotto la giurisdizione di Mosca), si fa sempre più ostile, fino ad arrivare allo sfratto forzato di alcuni dei siti religiosi più importanti e simbolici per i russi (che ricordiamo come già detto poc’anzi, sono per lo più locati in Ucraina, dove è iniziata la conversione degli slavi al cristianesimo ortodosso e l’inizio di tutte le civiltà di ceppo slavo).

L’episodio che ha fatto più scalpore è quello del Monastero delle grotte, trattasi di uno dei siti più sacri della chiesa ortodossa russa, fondato nel 1045 dai santi Antonio e Teodosio, ma anche luogo molto importante per la vita di molti santi, come Sant’Ilarione di Kiev, e nonché sede ufficiale della Chiesa Ortodossa Ucraina sotto il patriarcato di Mosca, a cui Kiev è ormai da un anno che cerca ogni scusa per sfrattare i monaci sotto la giurisdizione di Mosca da lì, tra cui l’ultimo episodio, avvenuto a marzo, in cui le autorità governative hanno giustificato il tentativo di sfratto usando una scusante fiscale, affermando che le autorità religiose ivi stanziate non erano in regola con il pagamento di alcune imposte, tuttavia i fedeli non sono caduti nel tranello e si sono riuniti nel monastero tutti insieme ed hanno opposto una tenace resistenza.

La cosa è anche sfociata nell’arresto di membri del clero della già citata chiesa ortodossa ucraina, accusati di essere spie al soldo del Cremlino.

Queste accuse però si rivelano fondate solo in parte, poiché seppur sia vero che la chiesa ortodossa ucraina sotto Mosca abbia spesso espresso posizioni molto vicine a quelle del Cremlino, tuttavia, la maggior parte dei suoi fedeli (circa il 73% degli ucraini russofoni) sostiene in modo netto la causa Ucraina, la gran parte di loro è addirittura sul campo di battaglia a sostegno di Kiev.

Ed è anche in questo contesto che il governo di Kiev si immette nella crepa che c’è tra la chiesa ortodossa russa nella madrepatria e quella russa presente in Ucraina.

Il governo infatti non riconoscendo la chiesa ortodossa russa di Ucraina, non ne riconosce nemmeno gli eventuali sacramenti, questo significa che, per esempio, se un soldato Ucraino, ma di adepto della chiesa ucraina sotto il patriarcato di Mosca, dovesse cadere sul campo di battaglia, combattendo proprio contro i russi, verrà impedito di celebrarne il funerale, a meno che la famiglia di appartenenza si converta alla chiesa ortodossa ucraina autocefala.

Questi fattori, hanno già provocato la conversione di moltissimi ucraini russofoni, già l’agenzia info sapens fa notare che la chiesa ortodossa ucraina facente capo al patriarcato di Mosca ha già perso il 35% dei propri credenti (i numeri in realtà non sono ancora certi), e chiaramente a questo si aggiunge il fatto che la netta posizione del patriarca Cirillo non aiuta affatto a migliorare la situazione dei suoi stessi adepti in Ucraina.

Ma quali insegnamenti ne possiamo trarre da questa vicenda?

Principalmente due, la prima è che ci piaccia o no, a dispetto di quello che si mormorava in Europa al tempo del movimento BLM, è con la violenza che le nazioni si formano, e questo vale anche e soprattutto sul piano spirituale della nazione, si veda anche quanto successe in Italia con la “questione romana”, anche se il contesto è completamente diverso.

Mentre il secondo insegnamento che ne possiamo trarre è che la questione della “guerra tra le rispettive chiese ortodosse”, è uno dei tanti presupposti che fa notare che anche se avvenisse un miracolo sul campo di battaglia tale che porterebbe alla decisiva vittoria sul campo di una delle due parti, il conflitto non smetterebbe, ma diventerebbe solo più latente.

Inoltre, si prevedono tensioni religiose anche lontano dagli scenari di guerra, la chiesa ortodossa del Montenegro ha infatti intenzione di distaccarsi da quella serba, questo ci fa capire che l’obiettivo di quello che fu la “dichiarazione comune cattolico-ortodossa” del 1965 che aveva che voleva addirittura una riconciliazione tra cattolici ed ortodossi e che è uno dei punti di riferimento, dell’attuale capo della chiesa cattolica, papa Francesco, che non a caso si è molto spesso offerto come mediatore, ma senza risposta da nessuna da parte di entrambi, si rivela più utopico che mai, poiché dallo scisma d’Oriente ad oggi la chiesa ortodossa ed il mondo slavo non sono mai stati così frammentati, (il tutto con immenso dispiacere in primis della nostra guida cattolica, papa Francesco, che da quando si è insediato ad oggi molto ha fatto per il dialogo interreligioso, specialmente tra cristiani).