In occasione del VI Congresso Nazionale del Partito dei CARC, di cui la parte pubblica è oggi, il nostro segretario Giovanni Amicarella ed il rappresentante ufficiale di KFA Italia Jean Claude Martini hanno prodotto un documento che vuol essere essere sia un saluto, che uno spunto di riflessione sull’attuale situazione geopolitica, la necessità di una forte azione socialista e l’assoluta priorità di scremare le componenti movimentiste nel fronte.
Augurando buon lavoro ai referenti congressuali, sulle tesi che abbiamo analizzato insieme in più occasioni, lavorando per far sì che possano esserci altre brillanti occasioni di lotta spalla a spalla come quella del 25, ponendo le basi per una collaborazione che si concretizzi in prassi.
Segue il comunicato completo:
L’Associazione d’amicizia e solidarietà Italia-RPDC (sezione italiana della Korean Friendship
Association) e il SOCIT – Socialismo Italico salutano il VI Congresso del Partito dei CARC, che
ringraziamo per il gentile invito.
Detto Congresso si svolge in un periodo di grandi sommovimenti a livello nazionale e
internazionale: come ha detto il compagno Kim Jong Un alla VI sessione plenaria dell’VIII
Comitato Centrale del Partito del Lavoro di Corea, svoltasi tra il 26 e il 31 dicembre 2022, la
struttura delle relazioni internazionali è diventata quella della “nuova guerra fredda” e la tendenza al
multipolarismo sta accelerando. Nel suo discorso di orientamento politico tenuto alla VII sessione
della XIV legislatura dell’Assemblea Popolare Suprema l’8 settembre scorso, egli ha testualmente
affermato: «L’attuale situazione internazionale pone in evidenza l’antagonismo tra giustizia e
ingiustizia e tra progresso e reazione, in particolare la struttura delle forze intorno alla
penisola coreana, e mostra la transizione dal mondo unipolare, professato dagli USA, al
mondo multipolare».
Tale punto di vista, fatto proprio già in tempi non sospetti dagli antimperialisti venezuelani, nonché
dai compagni cubani e cinesi, denota un’analisi estremamente lucida e lungimirante del contesto
attuale, in cui spirano sempre più forti i venti del riarmo e della guerra parallelamente
all’intensificarsi della lotta dei popoli del mondo per l’indipendenza. Nella penisola coreana, infatti,
gli imperialisti americani e giapponesi, assieme alle loro marionette sudcoreane, stanno conducendo
esercitazioni di guerra sempre più estese, aggressive e spudorate, introducendo persino mezzi
strategici d’attacco nucleare come i caccia B-1B, i bombardieri B-52, i droni da combattimento MQ9 Reaper e vari navi da guerra americane, come la Donald Cook. Il Giappone, in funzione antirussa,
anticinese e anticoreana, sta accelerando il potenziamento e il riarmo del suo esercito e ha
pianificato l’acquisto, pochi giorni fa, di 400 missili da crociera Tomahawk. Ha stanziato 10 trilioni
di yen per la “difesa”, aumentando la spesa a essa diretta fino al 2% del PIL. In risposta a questo
stato di cose, le forze armate della Corea socialista hanno effettuato una serie di esercitazioni
militari concernenti l’artiglieria missilistica e la Marina, oltre ai più noti test missilistici di febbraio
e all’esercitazione di lancio dell’ICBM Hwasong-15.
Questo dimostra che anche un piccolo paese, se si dota di una linea rivoluzionaria e conseguente,
può far fronte alle manovre più infami e pericolose degli imperialisti armati fino ai denti, oltre a
passare all’offensiva contro di essi. La Corea popolare sta rafforzando i suoi rapporti politici,
economici, militari e strategici con tutti i paesi indipendenti, sovrani e antimperialisti, non facendo
mai mancare loro il proprio sostegno; essa è stata il primo paese socialista a schierarsi apertamente
dalla parte della Russia nella guerra in Ucraina e spesso l’unico a votare contro le risoluzioni
antirusse all’Assemblea Generale dell’ONU.
Grazie anche ai contributi teorici apportati dai compagni coreani al patrimonio comune della
scienza comunista sotto la bandiera del kimilsungismo-kimjongilismo, la storia del socialismo
mondiale non è finita né nel 1953, né nel 1976, né nel 1991, ma prosegue con la Corea del Juche e
con gli altri paesi che costruiscono questo superiore ordinamento, uniti nella diversità.
Nella condizione nostrana, un’autentica lotta proletaria e socialista non può che seguire il fulgido
esempio di chi, in altri contesti, è riuscito a tirare fuori il meglio dalle istanze nazionali ed
incalanarne il vigore, strappandolo allo sciacallaggio dei reazionari, che in altri periodi non lontani
hanno pienamente generato il proprio braccio armato sfruttando i punti deboli del fronte socialista.
Tuttavia, ciò deve necessariamente passare da una scrematura senza mezzi termini né misure.
Sull’esempio di Marx ed Engels, che come ricorda il compagno Lenin nei suoi scritti, prendevano le
distanze dalle istanze popolari inglesi che si lasciavano trainare dai partiti borghesi, allo stesso
modo oggi la lotta di classe rischia perennemente, in ogni sua istanza, di essere fagocitata sotto il
fenomeno intersezionalista, in una delle tante note a piè di pagina di un volume che dovrebbe
invece averla per protagonista indiscussa. Abbiamo toccato con mano le lotte sindacali abbattute a
suon di prevaricazioni di contesti terzi e dobbiamo fare di ciò un esempio. La “sinistra” borghese
mostra la sua faccia a cadenza regolare, in questi acciacchi nei movimenti operai, e riesce a trarne
quanto più beneficio possibile per riesumare burocrati attempati che si mostrino abbastanza aperti
alle istanze operaie e che li mantengano abbastanza impegnati da risucchiarne sul lungo periodo
qualsiasi volontà rivoluzionaria.
Spingere sulla volontà inequivocabile delle masse operaie, seppur ancora prive di una consolidata
coscienza di classe, di liberarsi dalle catene dell’occupazione statunitense, ovvero il desiderio di
autodeterminazione popolare, deve essere il mezzo principale per noi socialisti per consolidare le
nostre posizioni, istruire e maturare le istanze e sferrare poi, non dalle aule ma dalle fabbriche, la
stoccata finale al marcescente costrutto borghese.
L’intervista alla nostra delegazione al congresso: