Di Lorenzo Maffetti
Due giorni fa Piotr Sawicki, il portavoce del museo di Auschwitz-Birkenau, ha comunicato al giornale “Afp” che i rappresentanti della Russia saranno esclusi dalla celebrazione odierna del settantottesimo (27 gennaio 1945) anniversario della liberazione del campo di concentramento. Lo ha annunciato a
chiare lettere nella sua rivelazione: “Data l’aggressione contro l’Ucraina libera e indipendente, i
rappresentanti della Federazione Russa non sono stati invitati a partecipare alla commemorazione di quest’anno dell’anniversario della liberazione di Auschwitz”.
Fonti diverse, riportano altri estratti: “«Era ovvio che non potessi firmare alcuna lettera all’ambasciatore russo con un tono invitante, dato il contesto attuale. Spero che cambierà in futuro, ma abbiamo ancora molta strada da fare», ha commentato Sawicki. Ci vorrà poi del tempo, secondo il portavoce del museo, affinché Mosca «faccia un autoesame molto profondo dopo questo conflitto per tornare ai raduni del mondo civilizzato». Da quando è (malauguratamente) iniziato il conflitto russo-ucraino, la propaganda occidentale, nei paesi allineati al diktat USA-UE, è cresciuta a dismisura e in senso unilaterale; il
altre parole, tendente verso l’Ucraina e il prolungamento della guerra in sua difesa, ha stigmatizzato il dissenso, e per un periodo i dissidenti sono stati racchiusi nella categoria “putiniani”. In questo quadro, fu marchiato anche il Prof. Luciano Canfora: “ – Professore, hanno cercato di farla passare per un putiniano di ferro. Ma sinceramente non mi sembra affatto un putiniano”. E lui: “Sono accuse assurde, fuori dal
mondo. Mi sembra che siano frutto di un grave arretramento culturale: invece di provare a comprendere a fondo si semplifica. È deplorevole falsare il pensiero altrui, e compilare i cataloghi dei buoni e dei malvagi e la ricerca di un nemico interno è imbarazzante”.
Sorte non molto differente è toccata anche all’emerito Prof. Orsini. E ancora oggi taluni, annunciando che
sia le sanzioni alla Russia sia l’invio di armi non saranno più sufficienti, e che dunque “bisognerà considerare l’invio di nostre truppe in Ucraina. A quel punto ci scopriremo di fronte alla scelta che abbiamo finora evitato di considerare: fare davvero e direttamente la guerra alla Russia oppure lasciare che la Russia prevalga. […] Altrimenti ci resterà la scelta fra una catastrofe e una vergogna.
Peggio: una miscela delle due.”
Le dichiarazioni di due giorni fa, passate inosservate con l’assenso dei media e delle alte cariche europee, sono una delle tante prove di come, a seconda delle circostanze (geopolitiche, di politica interna, ecc.), le élite occidentali presentino il passato. Da quando alcuni esponenti delle destre europee volevano
equiparare il comunismo al nazismo, passando per gli elogi – delle destre e delle sinistre – al neo-nazista Battaglione AZOV (i cui membri sarebbero dei lettori appassionati di Kant), giungendo, infine, a quanto accaduto di recente, fra tutto questo c’è un unico filo conduttore: l’ipocrisia dell’Occidente.
Le parole del direttore del museo di Auschwitz sono state chiare.
Si potrebbe disquisire a lungo sul reale significato di nazione “libera ed indipendente”. In questa come in altre sedi, l’Ucraina non è risultata una nazione “libera ed indipendente” e non lo sarà, tanto meno, se mai la Russia dovesse vincere il conflitto (a titolo esemplificativo rimandiamo a questo articolo).
Per di più, il portavoce polacco, parlando di umanità, pare di aver dimenticato che “Per rafforzare le proprie forze armate, la Polonia ha ordinato 250 carri armati Abrams agli Stati Uniti (4,9 miliardi di
dollari), per sostituire i 240 carri dell’epoca sovietica, inviati in Ucraina. Per la forza aerea, equipaggiata con i vecchi F16, ha firmato un accordo di 4,6 miliardi di dollari con gli Usa per 32 caccia F35. Il
grosso della spesa, ben 10-12 miliardi di dollari, è stato stipulato con la Corea del Sud per 180 carri armati, 200 obici, 48 aerei da attacco leggeri e 218 lanciarazzi. […] Ha detto un generale Usa: «La Polonia è
diventata il nostro partner più importante nell’Europa continentale»”
Quello che c’è di più contraddittorio in questa vicenda, è che a liberare il campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau fu l’Armata Rossa, formata, allora, dai parenti sovietici degli attuali russi (che non hanno dimenticato l’importanza di ricordare le vittime innocenti del massacro nazista e chi si immolò per
difenderle) e non. E ci si dimentica che ad aprire il cancello del campo di sterminio fu un Maggiore dell’esercito sovietico, ebreo ed ucraino: Anatoliy Pavlovych Shapiro.
2: “Guerra in Europa: l’occidente, la Russia e la propaganda”,
Francesco Borgonovo e Luciano Canfora, OAKS editrice, pag. 31
3: Riproposizione dell’articolo uscito per “La Stampa”:
https://infosannio.com/2023/01/23/la-russia-ha-piu-uomini-mezzi-risorse-o-la-nato-entra-in-campo-o-kiev-perdera/