Di Jean-Claude Martini, delegato ufficiale della KFA
L’Associazione di amicizia e solidarietà Italia-RPDC (sezione italiana della Korean Friendship Association) esprime la sua piena solidarietà e il suo sostegno totale alla dirigenza suprema, al popolo e al governo della Corea socialista per il tentativo di sabotaggio e guerra batteriologica da parte dei fantocci sudcoreani. Data l’estrema efficacia del sistema antiepidemico della RPDC, era logico aspettarsi che i banditi sudcoreani avessero tentato di infiltrare il virus nel territorio a nord del 38° parallelo per provocare caos e panico, creando così le condizioni per un’invasione armata, a cui continuano a esercitarsi assieme ai loro padroni americani.
Ci sembra opportuno ricordare il potente avvertimento lanciato dal compagno Segretario generale del Partito del Lavoro di Corea lo scorso 27 luglio:
«Pur dicendo di aver instaurato il cosiddetto concetto dei “tre sistemi militari di tipo sudcoreano”, facendo un gran baccano circa gli sforzi principali e muovendo cielo e terra con questo obiettivo, si vedranno costretti ad accettare come un destino inevitabile la propria inferiorità militare e non potranno colmarla mai e in nessun modo.
È un’assurdità e un atto autolesionistico molto pericoloso il fatto che parlino di azioni militari contro il nostro Stato, possessore di armi insuperabili che seminano terrore e panico tra di loro.
Se il “governo” e i banditi militari sudcoreani ricercano una qualche possibilità di scontrarsi militarmente con noi e si credono capaci di neutralizzare o distruggere con un attacco preventivo una parte delle nostre forze armate avvalendosi di certi mezzi e metodi militari, si sbagliano di grosso!
Siffatti temerari tentativi riceveranno il castigo immediato di una forza potente e il “governo” di Yun Sok Yol e le sue truppe verranno completamente distrutti».
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L’attenzione dell’opinione pubblica occidentale è attualmente focalizzata, per forza di cose, sugli avvenimenti legati all’Operazione militare speciale russa in Ucraina. In particolar modo, si teme un aggravamento della situazione dal punto di vista nucleare-batteriologico in quanto le forze neonaziste ucraine insistono a bombardare le zone immediatamente adiacenti alla Centrale di Zaporožje; ricordiamo inoltre, sempre a questo proposito, la scoperta da parte dei russi dei laboratori biochimici americani dislocati su tutto il territorio ucraino, con divulgazione internazionale dei relativi documenti.
Per qualche settimana si è parlato anche di una possibile operazione militare cinese a Taiwan e della “minaccia” di un evento analogo in Kosovo da parte della Serbia. Ma c’è un altro papabile fronte di guerra, in realtà mai abbandonato, che l’imperialismo tiene particolarmente a riservarsi: la penisola coreana.
Il 12 maggio giunse da Pyongyang la notizia dei primi casi di Covid nel Paese dopo due anni e tre mesi che la RPDC si era mantenuta stabilmente a quota 0 contagi. Il governo decise di passare dal sistema di prevenzione epidemiologica al sistema di profilassi di massima emergenza, durato tre mesi esatti fino alla completa eliminazione dei focolai, comunicata ufficialmente il 12 agosto1. In questo frattempo, e precisamente il 30 giugno, la Direzione Statale della Profilassi d’Emergenza ha rilasciato un comunicato nel quale si è chiarita scientificamente la via d’accesso del virus in territorio nordcoreano2: l’area di Ipho-ri nel distretto di Kumgang, provincia del Kangwon, vicino alla linea di demarcazione con la Corea del Sud, è stato l’epicentro del primo focolaio dell’epidemia.
Grazie a un’indagine approfondita all’interno del Paese, il Comitato di Investigazione, costituito dai più autorevoli istituti scientifici statali, degli organi della sicurezza nazionale, giuridica, nonché dalla procura, ha scoperto che numerose persone provenienti dall’area di Ipho-ri recantesi nella Capitale avevano sintomi di febbre e che tra coloro che hanno avuto contatti con esse sono aumentati drasticamente i casi di contagio.
Contemporaneamente è stato confermato che gli altri casi di febbre, verificatisi fino a metà aprile, in tutte le regioni e in tutte le unità del paese, sono dovuti all’origine di un’altra patologia e non ci sono stati casi di contagi di massa eccetto la suddetta zona nella provincia del Kangwon.
Dall’indagine e dall’analisi approfonditi sui fattori propedeutici alla diffusione rapida del virus maligna a Ipho-ri, il Comitato ha scoperto il fatto che all’inizio di aprile, un soldato di 18 anni e un bambino di 5 anni hanno toccato i materiali illegali introdotti dalla Corea del Sud attraverso i palloni aerostatici sulla collina, situata vicina alla caserma dei soldati e alla zona residenziale.
Sulla base dei caratteri clinici, del collegamento epidemiologico, del risultato del test antigenico, il Comitato di Investigazione ha avuto la conferma definitiva che l’area di Ipho-ri è stata il primo focolaio di Covid in Corea del Nord e il motivo della diffusione di questo virus è dovuto all’origine dei contatti diretti con i volantini e gli atri materiali contaminati inviati illegalmente dalla Corea del Sud.
La rapida propagazione del Covid-19 nella RPDC è iniziata tra la fine di aprile e i primi giorni di maggio e la provincia del Kangwon è stata la regione più colpita con moltissimi casi e un tasso più alto di mortalità rispetto alle altre regioni.
Ma sbaglierebbe chi volesse, in buona o cattiva fede, vedere nei risultati delle indagini nordcoreane un mero esercizio di propaganda o, come si suol dire in gergo anglofono, di “blame-shifting” sulla Corea del Sud.
Tra marzo e aprile di quest’anno, si è svolta un’indagine sulle persone infettate nelle città di Pechino, Shaoxing (provincia del Zhejiang), Changzhou (provincia del Jiangsu) e Dalian (provincia del Liaoning), in Cina.
Anche i cinesi giunsero alla conclusione che la trasmissione di questo virus alle persone era dovuta al contatto con i tessuti importati dalla Corea del Sud e hanno cominciato a rafforzare le misure di sanificazione sui prodotti importati da questo Paese.
Ancor più grave è il fatto che i disertori nordcoreani in Corea del Sud abbiano parlato apertamente già in passato della necessità di infiltrare il virus al Nord3 e hanno inviato illegalmente decine di migliaia di volantini e materiali sporchi in territorio nordcoreano attraverso 30 palloncini, sotto l’autorizzazione tacita delle autorità del regime sudcoreano.
Vista la gravità del rischi che una sola persona o un solo oggetto contagiato possa infettare numerose persone all’istante e provocare una crisi sanitaria gravissima, gli atti della Corea del Sud che hanno smerciato materiali infetti nella RPDC sono a tutti gli effetti dei crimini contro l’umanità, commessi perlopiù contro dei connazionali, Pyongyang si è detta obbligata a considerare questi atti come un attacco batteriologico verso di essa.
Malgrado la dimostrazione inconfutabile della sua responsabilità, il regime sudcoreano nega la verità e incoraggia al contrario i disertori a inviare volantini e materiale vario dicendo che la possibilità della trasmissione di questo virus tramite di essi è quasi zero e che la RPDC usa questo fatto come una “scusa per provocazioni”.
Già durante la riunione nazionale di bilancio del lavoro antiepidemico d’emergenza, svoltasi a Pyongyang il 10 agosto4, il Partito del Lavoro di Corea, per bocca della compagna Kim Yo Jong, ha già avvertito le autorità della Corea del Sud relativamente alle conseguenze delle loro azioni5.
Tuttavia, il 22 agosto, sorda a questi richiami, Seul ha iniziato le più grandi esercitazioni militari dal 2018 assieme agli Stati Uniti, proprio alle porte dei confini marittimi della Corea del Nord6. Oltre a ciò, malgrado gli avvertimenti del governo di Pyongyang i disertori nella Corea del Sud, tra le 23:30 del 16 agosto e le 1:30 del 17, hanno inviato di nuovo in territorio nordcoreano 21 palloni aerostatici contenenti monete da 1 dollaro americano e altri materiali contagiati e hanno in progetto di introdurne altri 170 a stretto giro.
Già al vertice di giugno della NATO a Madrid si è molto parlato della penisola coreana: vi hanno appunto partecipato, per la prima volta nella storia, anche delegazioni sudcoreane e giapponesi, riunitesi a latere con gli americani per discutere delle prossime esercitazioni militari (denominate Pacific Dragon) da svolgersi assieme ad altri paesi dell’area delle Hawaii nel Mar Orientale di Corea. L’obiettivo americano di collegare NATO, AUKUS e QUAD nell’ottica di una strategia di contenimento e offensiva contro Russia, Cina e Corea del Nord è stata sicuramente aiutata dall’elezione dei conservatori Kishida in Giappone (31 ottobre 2021) e Yun Sok Yol in Corea del Sud (9 marzo 2022), insediatisi al governo con un’agenda nettamente filoamericana e anticomunista e orientata al rafforzamento della cooperazione reciproca. Soprattutto le autorità sudcoreane si sono rivelate estremamente zelanti nell’offrirsi volontarie per l’espansione in Oriente della NATO, lasciando prefigurare di voler portare a livelli superiori la loro collaborazione con quest’ultima, un’escalation che i governi di Pyongyang e Pechino non potrebbero mai tollerare per l’ulteriore restringimento del cordone sanitario ai loro confini che ne scaturirebbe. Gli americani, dal canto loro, hanno più volte lasciato intendere di puntare alla creazione di una “NATO asiatica”.
In conclusione, i venti di guerra nel mondo spirano sempre più forti: gli imperialisti puntano a creare fronti di guerra nel Mar Cinese Meridionale, nella penisola coreana, nei Balcani e nel Caucaso, oltre a quello già in essere in Ucraina. Il loro tentativo di accerchiamento e soppressione della Federazione Russa, della Repubblica Popolare Cinese e della Repubblica Popolare Democratica di Corea è palese. Il problema è che stiamo parlando, in ogni caso, di Paesi dotati di armi nucleari e di arsenali micidiali di ultimo modello. Noi comunisti, specialmente nei paesi imperialisti e capitalisti, non possiamo e non dobbiamo starcene con le mani in mano. La dialettica in gioco è sempre la stessa: o la rivoluzione impedisce la guerra, o la guerra viene terminata dalla rivoluzione. Dobbiamo sfruttare ogni appiglio che la situazione attuale e il sistema oggettivamente (cioè indipendentemente da esso e dalla volontà dei suoi esponenti) ci offre, per far avanzare la mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari e rafforzare di giorno in giorno la loro superiore organizzazione attiva al fine di instaurare il socialismo. È questo il nostro compito imperioso e più pressante, da realizzare con ogni mezzo. Ne va del nostro presente e del nostro futuro.